Psiche e stragi del sabato sera

ROBERTO CAFISO

 

Una notte con la Polstrada per capire la mentalità di molti italiani. Se è vero che in vino veritas è altrettanto evidente  che questa “verità” mette a nudo le convinzioni più strutturate delle persone, le loro pretese e declina all’inverosimile gli autoinganni  e i tentativi di raggiro tricolore  per evitare il ritiro della patente ed il sequestro del mezzo.

 

I servizi di prevenzione dello stato di guida alterato comportano dei dispositivi con una verifica capillare degli automobilisti,  con dapprima un controllo rapido eseguito in macchina, successivamente ed in caso di positività a questo step,  una doppia misurazione dell’alcolemia con etilometro. Assieme dei test per il sospetto di uso di droghe da effettuarsi o in ospedale o in un mezzo mobile  sanitario attrezzato.

 

A nessuno piace essere colto in fallo, è ovvio. Specie se l’infrazione comporta il ritiro della patente, una sostanziale contravvenzione, il sequestro del mezzo  oltre un certo indice di elevazione del tasso alcolico e la denunzia penale.  Ma sovente anche l’ essere scoperti dai familiari  sull’abuso di alcol e l’impiego di droghe.

 

E’ allora che, complice proprio lo stato di alterazione, si attivano pericolosi meccanismi di difesa che vanno dal rifiuto di quanto rilevato, alla critica per una legge troppo severa, sino a considerazioni già sentite sulla polizia che si occupa delle persone perbene, anziché colpire i delinquenti ed amenità del tipo. Il tutto con show personali di perdita del controllo, oltraggio , pianti ed isterismi vari. Tutti tentativi di manipolazione aggressiva o autocommiserativa per evitare la presa d’atto di un reato commesso, annacquandolo dietro spergiuri e pietose bugie tragicomiche.

 

La filosofia di questi connazionali  è che la legge è legge per tutti e va rispettata, ma se essa mi inchioda alle mie responsabilità allora è un capestro, è usata  per rovinarmi, è eccessiva. In una parola è ingiusta e vanno rivisti i codici dello Stato e il principio della responsabilità personale. Nulla è certo per costoro, ovvero tutto è patteggiabile ( e le richieste sfiorano il paradossale ) pur di evitare le sanzioni.  Questo coacervo di incoerenze  mediato da una gestione di grande tolleranza e pazienza degli agenti,  offesi e chiamati in causa persino sul proprio valore personale. Un ammirevole autocontrollo per evitare al soggetto guai peggiori.

 

Un campione casuale di  un popolo che non accetta le regole se queste  limitano la libertà personale, quella di fare i propri comodi e di non pagare pegno. E quando ciò avviene per essere stati colti in fallo, si mette in moto la produzione di  una serie di irrazionali contestazioni  pur di evitare la sanzione,  in una performance tutta italiana tesa a  riavvolgere il nastro e cavarsela con una predica e il perdono. E quando prendono atto che certe proposte integrano  l’  omissione di atti d’ufficio da parte della polizia,  allora l’assunto “per ogni regola c’è una deroga”  dà il meglio di sé,  con la rabbia  tipica del bimbo che non vuol più giocare perché sta perdendo.

 

Gravi crepe non soltanto etico – morali  si svelano in  certe situazioni;  ma anche l’incapacità di saper affrontare  civilmente i problemi, perché l’automobilista è ancor prima un cittadino,  parte del  connettivo di questa società ove lo sport preferito e la caccia ad “altri” colpevoli : dai politici, agli imprenditori che si arricchisco, sino ai magistrati e alle forze dell’ordine. Il tutto pur di non chiamare in causa  il proprio arbitrio e la  responsabilità personale che spesso  punta il dito sugli  “altri” , quasi fossero alieni,   diversi da noi.  E da qui a cascata la  scelta della classe politica dalla quale evidentemente ci si aspettano quei  privilegi che poi si è pronti a stigmatizzare quando non ci avvantaggiano personalmente. Un bestiario triste, che parla di un Paese alla ricerca del senso dello Stato ma ancora invischiato nell’individualismo  più avverso ad ogni forma di vera partecipazione democratica.

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