Psiche e Adulti Fantocci

ROBERTO CAFISO

 

Di un uomo dateci l’infanzia e tenetevi il resto: era il motto dei gesuiti, dotti educatori nei secoli della classe dirigente di molti Paesi. Come a dire che la parte più malleabile di un essere umano è la sua  fanciullezza  e le tracce che in essa si riusciranno a forgiare costituiranno la struttura personologica di domani, malgrado da altre variabili che potranno intervenie successivamente.

 

L’educazione è un rebus per molti, perché la gente ha la testa confusa di teorie, talvolta l’una contrapposta all’altra. Fondamentalmente tuttavia il discorso è più semplice e, se volete, più scomodo. Per educare qualcuno bisogna stargli vicino, impiegare del tempo, mostrarsi con  degli esempi, rispondere in modo esplicito ai quesiti che il bambino pone, senza imbrogliarlo e senza tergiversare sui suoi perché.

 

Il rapporto tra genitori e figli quando questi sono piccoli è un rapporto asimmetrico. La pariteticità confonde. Per avere rispetto dai figli occorre insegnarne il valore sin dal’infanzia. Il rispetto è corroborato dal senso di gratitudine e dal riconoscimento dell’amore. Due presupposti fondamentali per crescere all’interno di regole accettabili. E’ importante al riguardo prendere atto  che non serve amare come atto dichiaratorio. Ciò che conta è la percezione dell’essere amato.

 

Senza regole c’è il caos. Chi non sa dettarne da genitore è destinato ad una vita familiare con acque sempre increspate e spesso in burrasca. Per dare valori serve equità, logica ed interesse per il  futuro del proprio figlio più che della  propria tranquillità. Chi impartisce delle regole deve spiegarle  con coerenza, perché le norme da ragazzi si rifiutano in blocco in quanto   limitanti il principio del piacere.  Questo, se non dimensionato, conduce ad una fragilità nel tempo  angosciante.

 

Il  “genitore – amico”  è un meschino tentativo dell’adulto di deresponsabilizzarsi rispetto alla mission pedagogica di modello. Lo stesso dicasi ovviamente per tutti  gli educatori. Chi lavora coi ragazzi deve significare, accettando anche l’impopolarità, la contestazione e persino l’odio. Ciò che dovrebbe guidare un adulto non è l’applausometro, né la pretesa tranquillità in famiglia, che spesso è solo un labile simulacro. Chi evita le crisi pagherà il dazio con gli interessi, perché non si può nascondere il sole con una mano giurando che non c’è.

 

Gli adulti – adolescenti riescono solo ad essere equivalenti ai giovani e così facendo li spiazzano, accontentandoli oggi per destabilizzarli domani. Non si può camminare lungo una strada non illuminata, senza guardrail e segnaletica. Si finisce per andare fuori strada. L’apprendimento del codice stradale  d’altra parte è propedeutico all’ottenimento della patente il cui esame presuppone la coscienza dei propri limiti e l’ossequio alle regole  di guida, pena il sanzionamento.

 

Difatti non si possono dettare regole senza prevedere ammende. Chi predica norme ma non le fa applicare lamentandone solo la trasgressione, è un fantoccio travestito da educatore. La società, i cattivi compagni, i modelli tv …. sono gli alibi per non fare il proprio dovere. Trovare pretesti per giustificare la propria inadempienza formativa è una tendenza cavalcata da molti che   non scongiurerà i guai coi  figli. Nell’amare ci sono i si ed i no, coerenti, motivati, espliciti. Ci sono anche i “non so, ci devo pensare”. Ma quando il ricorso alla procrastinazione diventa metodo, allora il bluff salterà fuori, convincendo il ragazzo di trovarsi di fronte ad uno zimbello con la vana  pretesa di dover  essere rispettato solo per il  ruolo di adulto cronologico.  I padri che tuttavia  sanno rivedersi e sudare per svolgere il proprio ruolo saranno solo per questo  buoni genitori. Chi sa dedicarsi ad un bambino raccoglierà i frutti del proprio impegno quando questi diventerà un adulto e sarà sano.

 

 

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