Psiche e malattie in tempo di crisi

ROBERTO CAFISO    DA LA SICILIA DEL 26.2.16

AMMALARSI IN TEMPO DI CRISI : RECESSIONE E DEPRESSIONE

In tempo di crisi ci si ammala di più. Probabilmente di molte patologie. Di certo di problemi psiconevrosi e psicosomatici. E forse si muore di più. Oltre 664.000 morti  nel 2015 ,  contro i 598.00 del 2014.  L’Istat nelle sue 32 città selezionate dal sistema di sorveglianza per le mortalità parla di un più 11% rispetto al passato.  Il flop delle vaccinazioni correlato con un’epidemia influenzale molto virulenta è uno dei  fattori invocato per questo incremento,  considerata l’età avanzata dei decessi. Ma non di soli morti si parla.

Se il benessere economico è un parametro condiviso  di qualità di vita, c’è da considerare che la recessione  che dal 2008 ai nostri giorni mina la stabilità adattiva di molti individui  e dei  rispettivi  nuclei familiari  per un  effetto di trascinamento  ed  il ricorso a psicofarmaci per patologie  ansioso – depressive ,  è in incremento. Così come i suicidi specie giovanili.  L’anomia sociale è come  un cielo plumbeo sotto il quale si vive da anni, senza sole e senza cieli azzurri. Come nei Paesi scandinavi che per questo pagano un prezzo di benessere  sociale.

Le pandemie  di sfiducia verso il  futuro  considerato una  minaccia e  che specie ai giovani non promette più granché , possono far ammalare in modo maniforme, considerato ormai accertato che il  “salto”  dalla mente al corpo non è più solo un’ipotesi ma un’evidenza scientifica . La depressione non è solo una patologia essenziale ;  essa, in maniera più o meno sintomatica o latente,  costituisce il terreno di coltura di una serie di altre  noxe  che si declinano da essa e comportano disagio individuale e collettivo. Il ricorso agli psicofarmaci o ad altre sostanze psicoattive ( incluse le  droghe  )  è un tentativo di far fronte al malessere. Ma non sempre con gli esiti sperati, anzi. Non è forse un caso che il numero degli incidenti stradali è tornato a crescere lo scorso anno dopo un trend in discesa negli ultimi tre. Pensare a fenomeni  tra loro scollegati potrebbe essere ingenuo.

I Dipartimenti di Salute Mentale sono affollati di queste nuove emergenze situazionali interdipendenti sia dalla struttura individuale,  sia dagli stressor sociali che si è costretti a fronteggiare. Nelle psicoterapie emerge sempre più,   già da anni,  il riferimento alla scarsezza di risorse economiche dell’ambiente di vita  e la disoccupazione giovanile  rendono  ancora più critici  gli ultimi 7 anni . Allo stress si può resistere molto tempo, facendo fronte con ogni energia possibile all’emergenza. Ma se i bisogni , specie quelli impalpabili, non trovano  ristoro, allora subentra la fase dell’esaurimento e della caduta verticale, propedeutica all’ammalarsi . I giovani si fanno del male, i vecchi si lasciano morire.  Gli adulti di mezzo reagiscono sempre meno, propagando un clima di pessimismo virulento, che imbratta relazioni, prospettive  e dunque  stili di vita.

C’è un cluster  di individui tuttavia che dalle crisi escono più fortificati. Si piegano, ma non si spezzano, con quella resilienza tipica delle persone che vanno solo avanti e che utilizzano le recessioni per reimpostarsi  trovando  nuove prospettive. Chi è più disponibile al  cambiamento  è più immune  alle crisi, come chi si vaccina alle epidemie influenzali. Questa disposizione alla flessibilità esistenziale  è un atteggiamento mentale, un processo intimo di autostima e capacità di risolvere la maggior parte dei problemi, senza schiantarsi. Indugiare o procrastinare  non risolve alcuna questione. Auto commiserarsi imprecando contro il cielo  è un esercizio inutile quanto dannoso , perché apre le porte al fatalismo che  considera gli esseri umani pedine passive all’interno di un macro disegno precostituito.  Tutto ciò non potrà che generare sofferenza, sino alla disperazione. Ci si ammala anche per questo.

 

 

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