Psiche e persone senza speranza

PSICHE & SOCIETA’ ROBERTO CAFISO

 

Vi sono individui che non credono  a nulla. Diffidano di tutto e tutti  e intravedono un doppio  fine  in ogni azione generosa da parte del loro prossimo, semplicemente perché  ritengono  impossibile che qualcuno agisca senza un  tornaconto, che perciò cercano di smascherare  tra le pieghe della bontà e dell’altruismo.

 

Si definiscono realisti, conoscitori della natura umana, dalla quale non si aspettano nulla di buono  dichiarando  il loro pessimismo ad ogni piè sospinto, forti del cattivo esempio di tanti simili e che  perciò assurge a vessillo delle loro tesi, mentre restano dimentichi di tutto ciò che le può smentire , costretti come sono ad una concezione senza redenzione per l’uomo.

 

Vivono sulle ali della depressione e rasentano in non pochi casi la paranoia, perché la loro struttura mentale è ripetitivamente rigida e orientata pregiudizialmente verso una  visione sospettosa e sfiduciata, poco incline a riconoscere al genere umano prerogative di amore, che considerano una frottola, una roba per farcire canzoni e poesie. Mentre la vita – argomentano – è ben altra cosa.

 

I primi a soffrire di questa impostazione mentale sono ovviamente loro stessi, perché si precludono ogni chance di speranza, che è un motore insostituibile di equilibrio e di benessere con riverberi persino sulla  salute, essendo ormai noti i nessi tra atteggiamenti  e minacce al  sistema immunitario. Le loro convinzioni sono infatti declinate su tutto il loro scibile con  protervia e commiserazione  per chi non la pensa come loro, che considerano per lo più  ingenuo se non in malafede.

 

La concezione della vita è scarna e senza molti perché. Spesso agnostici,  sono persuasi che l’esistenza sia una minestra insipida da mandar giù e che non ci si debba aspettare né miracoli, né sorprese dal prossimo e dalla natura, considerata per lo più una spietata  matrigna, comunque orientata a finalità per  nulla prodigiose e religiose, come qualcuno vorrebbe far credere. La magia per loro è mero  raggiro. Il resto è concretezza e questa è sempre senza un’anima.

 

Nei rapporti amicali sono molto parchi e dubitano dei legami che tendono a stringersi, svilendoli di ogni significato affettivo e perciò allentandoli appena essi diventano “sospetti”. Nelle relazioni affettive  si danno per ciò che possono o talvolta -  al contrario –   ne usufruiscono per compensazione, investendo i familiari e il partner  di aspettative emotive insostenibili ed inverosimili e dunque alla lunga ancora una volta deludenti, a conferma della loro tesi scettiche sulla  bontà  delle persone e sui buoni sentimenti.

 

Delusi e amareggiati affrontano il lavoro anche  con impegno, concentrandosi su ciò che sono in grado di realizzare, indipendentemente dal resto del gruppo  dove sono inseriti,  col quale legano poco oltre mansioni e compiti di reciprocità. L’ironia e il buonumore  pare loro ingiustificato  e  si concedono  per lo più  del sarcasmo.  Le loro risate sono  contratte e non svelano granché del proprio animo, che considerano un’entità  impalpabile e quindi  inutile, se non addirittura un impiccio. Professano tuttavia  come apostoli di sventura le loro teorie nichiliste e cercano adepti perché a nessuno comunque piace   remare da solo, specie quando il mare è visto solo come fonte di pericolo ed avversità. La buona sorte per loro è un’illusione e il domani è la sommatoria aritmetica dei giorni precedenti e poco più.  Per questo non bisognerebbe  mai credere a chi non crede in nulla.

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