Psiche e responsabilità sociale

PSICHE & SOCIETA’  Roberto Cafiso  ( da LA SICILIA DEL 29.11.14 )

ESORDI DROGASTICI, SPALLUCCE SOCIALI, E  SOLITUDINI….

 

Avete presente una famiglia scompigliata dal viraggio comportamentale di un figlio minorenne uncinato   dalla cannabis ?  Sapete cosa succede ? Viraggio a trecentosessanta gradi  delle abitudini, orari scombinati, declino del rendimento scolastico, aggressività sfrontata coi genitori, furti in casa o ricerca spasmodica di denaro;   fughe  dopo  telefonate concitate, frequentazioni pericolose e via dicendo.  Provate a dire a questi genitori che, così  come sostengono i consumatori abituali ed i loro profeti, non si tratta di  “nulla di serio”. Convinceteli  che i problemi vanno ricercati  esclusivamente nelle burrasche evolutive, nel desiderio di autonomia o nella contrapposizione storica genitori – figli. O che siccome  lo fanno tutti  che c’è di male? . Li  tranquillizzerete ?  E  le tesi di macro sociologia ideologica  o quelle intrise di psicologismo da bancarella dei libri usati daranno a queste famiglie sollievo?

 

E pensate anche ad  un’altra cosa.  Un esordio droga stico e il  suo mantenimento ed aggravamento  è solo una questione sanitaria ?  Del cervello ?  Sono il medico o lo psicologo a doverlo affrontare ?  A parte le iniziative non declinabili dei genitori, che devono prendere decisioni  impegnative , non può non spiccare il terreno di coltura in cui questi fenomeni prolificano : quello della delega, della deresponsabilizzazione e dell’indifferenza. A partire sovente dagli stessi familiari, girati per anni altrove, a credere alle fiabe raccontate dal figlio. Sino a prendere atto che esiste    un “fortino sociale” ,  ove ognuno difende la propria povera esistenza  senza fare  il proprio dovere.  Un gioco stupido oltre che miope, perché per evitare seccature personali  se ne producono con gli interessi al sistema sociale e perciò  a se stessi, secondo il paradigma che gli altri, prima o poi,   inevitabilmente siamo  noi.

 

E così le forze dell’ordine ,  a cui si  chiede un  intervento dissuasivo o chiaramente repressivo,  spesso nicchiano ed , ammantate di buonismo,  fanno altro  anzichè il loro lavoro. Vedono, capiscono, ma concludono che è meglio che mamma e papà stiano più vicini al figlio e  intanto lo perdonino.  Suggerimenti inefficaci,  col solo scopo di eludere i loro compiti.   Predicozzi  che persuadono  il ragazzo  di fruire di  un’impunità assoluta.  E che dire dei  dirigenti di istituti ove lo spaccio è conclamato ( assieme a bullismo ed alla prostituzione di minori nei bagni ) e che, per il buon nome della scuola ( ma in verità per evitare grane personali ), mettono la testa nella sabbia ?  Un  fulgido esempio di educatori delle giovani generazioni, sempre più disperatamente alla ricerca di  modelli    coerenti e coraggiosi  O  come considerare i parenti e dei vicini che magari sanno, ma tacciono per non dare dolore ai poveri genitori  ? Ipocrisie di bassa lega ammantate di pietismo.

 

Gli esordi drogastici e i disagi che li hanno innescati o quelli che da essi si declinano,   non riguardano soltanto la neurotrasmissione cerebrale , il temperamento , i traumi non superati, la fragilità dell’io o le difficoltà a vivere nel mondo. A parte il fatto che questo è un mondo dove è molto difficile stare bene, riguardano anche una coscienza collettiva anemica, un senso civico asfittico, una deresponsabilizzazione colpevole  di soggetti ai quali è invece  demandato il compito di prendere decisioni, prevenire, intervenie, agire  . Invece nulla,  in un Paese dove quando un problema  cresce a dismisura lo si abroga e lo si ridefinisce  come “normale” . Specie  se esso si è espanso  a tal punto da richiedere un intervento netto, che espone ed  impegna.  L’uso di droghe è nei fatti legalizzato grazie alla resa politica,  e a capirlo  sono solo le famiglie che, sulla loro pelle, devono vivere con un alieno con le sembianze del figlio che fu.

 

Famiglie  perciò sole  e non sempre per loro scelta. A volte perché al loro interno ci sono i presupposti relazionali  per certi accadimenti, altre volte perché  tutt’intorno  c’è una stanca  voglia di immobilismo rassegnato.  Si  interpreta, si discetta e si  produce sterile dialettica di  insulsi sermoni . Costruiamo così la società  del domani, facendo spallucce perché tanto non ci saremo. Se ne occuperanno i nostri figli, diciamo. Molti di quei figli che oggi  non sanno occuparsi manco di loro stessi grazie a noi.

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