Psiche ed equilibrio

PSICHE & SOCIETA’

ROBERTO CAFISO

 

Quando parliamo di equilibrio potrebbe venirci in mente un circense su una corda sospesa in alto che avanza incerto ma con perizia per evitare di cadere. L’equilibrio personale, quello psicologico, è ben raffigurato dall’ immagine : il tentativo, frutto di abilità acquisite, di restare in piedi e non cascare. Ovviamente dopo aver fatto ruzzoloni ed essersi rialzati per tentativi ed errori. L’equilibrio non è uno status permanente,  ma una incessante evoluzione. Esso si rimodula coi tempi e con la capacità di  comprendere i loro insegnamenti. Assimilazione ed accomodamento ben riusciti sono due fattori – cardine  che concorrono all’equilibrio psichico.

 

Alcune professioni hanno la necessità di posarsi sul solido equilibrio di chi le esercita. Pensate ad un insegnante squilibrato: il suo potenziale lesivo andrà  ben oltre quello di un panettiere o di un imbianchino. Ciò che riversa su generazioni di giovani non è solo un apprendimento  più o meno nozionistico, ma soprattutto un modo di essere, un pensiero coerente o equilibrante o -  al contrario -  confuso e sbilanciante. Come se il nostro funambolo mentre cammina sulla corda ricevesse folate d’aria compressa che ne minacciano la stabilità . Stessa cosa per un medico,un poliziotto o un giudice. Se sotto il camice,  la divisa o la toga non c’è niente o addirittura un diffuso mal di vivere, ciò avrà un peso  sugli atti e sulle sentenze.

 

A volte  pensiamo che gli esercenti di talune professioni molto delicate, a forte impatto sociale, siano equilibrate per definizione. Ma tutti hanno avuto un passato, un’infanzia ed una famiglia. E non possiamo giurare che da questi passaggi  si sia venuti fuori armoniosi e sereni. Al contrario  si può tendere a pensare che costoro siano spostati  proprio perché hanno scelto quel lavoro e che dunque bisogna diffidarne depotenziandone a tutti i costi  le prerogative. La verità spesso è disaggregata  e non offre punti fermi e verità. Sotto ogni vestito c’è un essere umano  solido, sereno oppure  angosciato, ferito e così via.

 

L’equilibrio lungi dall’essere un centro di stabilità immutabile è lo sforzo continuo a non stereotipare la vita, aprendo nella mente scenari e possibilità che talvolta cozzano  col modo in cui   vorremmo vedere il mondo. Ci rassicura la dicotomia: il bianco e il nero distinti,  ma per lo più la dicotomia si aggroviglia e ci confonde le idee.  Una madre è  dedita amorevolmente ai figli, ma può anche essere la loro maitresse e farli prostituire ancora piccoli. Un sacerdote è il depositario della parola di Dio e perciò affidabile ,ma può anche essere un camorrista o un molestatore. Un giudice è imparziale ed onesto per definizione ma può anche essere un corrotto. La mancanza di equilibrio ci porta oltre che a sbagliare a deluderci, frustrarci, perché fa difetto la visione reale delle cose. L’acrobata che non precipita è colui il quale non dà mai l’equilibrio per scontato e per sempre. Ogni volta si cimenta con le leggi della gravità come fosse la prima volta. Ed è così che  attraversa  tutta la corda.

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