Psiche e l’adolescenza

PSICHE & SOCIETA’ di ROBERTO CAFISO da LA SICILIA del 20.2.17

GENITORI E FIGLI ADOLESCENTI : QUELLO DA NON FARE, QUELLO DA RICORDARE

 

L’adolescenza è una fase di turbolenza, un’età ingrata, com’è stata definita. Un periodo burrascoso  ed a volte critico, di grandi cambiamenti. Un’età nella quale i genitori non riconoscono più il loro bambino e sono di fronte  ad un’altra persona , come spesso dicono con rimpianto.  Un adulto un po’ ibrido, col quale diventano necessarie nuove regole di relazione.  L’adolescenza è un viaggio che un ragazzo può fare da solo o accompagnato da una presenza discreta ed intelligente. I genitori  devono a loro volta essere disposti a modificare alcune cose per armonizzarsi al meglio col figlio che sta evolvendosi.

Spesso serve saper aspettare. Perché molte contraddizioni trovano soluzioni spontanee che non richiedono interventi a “gamba tesa”. Importante anche avere disponibilità. Dalle prediche o ramanzine accorate, emotive ed a volte rabbiose l’adolescente deve poter percepire la non destabilizzazione dell’adulto. Ciò lo  rassicura, perché coglie la sua  solida disponibilità , pur con un diverso punto di vista. Fondamentale il saper dialogare, non stancandosi  di confrontarsi,  discutendo persino con toni accesi, ma privi di giudizi sommari da parte dell’adulto. Mettersi in simmetria col giovane, sfidarlo, è il modo migliore per perdere di autorevolezza. Non è utile  percepire il gesto del figlio come un attacco alle norme dei genitori. Un ragazzo sta cercando un assetto e gli serve tempo per fondare un nuovo modo di stare al mondo.

Su alcune problematiche poi è indispensabile la negoziazione, senza aut aut, perché ciò che era prima non può più continuare ad essere oggi. Crescendo  i figli hanno nuove necessità ed  orari, spazi, frequentazioni, hanno bisogno di limiti certo, ma non di imposizioni dogmatiche che mortificano tout court  l’esigenza di libertà del ragazzo. Esigenza che convive conflittualmente con quella di protezione familiare e che va colta attraverso atteggiamenti di reciprocità a comprendere i pro e i contro di nuove regole.  Mai ridursi a fare odiosi paragoni col modo di essere di un altro figlio  di figli di amici, magari più  “comodi”  per i genitori, ma che non rappresentano per questo alcun modello da sbattere in faccia ad un ragazzo.

Spesso gli adolescenti nei divieti imposti senza motivazioni percepiscono una sfiducia di fondo nei loro confronti. L’angoscia di una madre o di un padre a negare il classico ciclomotore è un contenuto che un ragazzo non potrà accettare come utile a lui. Occorre semmai che gli adulti valutino la maturità del figlio ed accettino i momenti di trepidazione che sono il con tributo genitoriale alla sua crescita .  Non è mai proficuo infine far coincidere il giudizio di valore del ragazzo con il suo singolo comportamento.  Questo va rimarcato, se il caso stigmatizzato, ma senza mai farlo coincidere con l’intera essenza  del giovane. L’assolutizzazione e la generalizzazione sono due modalità nefaste per  demolire la personalità di un adolescente che ha sempre bisogno di uno spiraglio e non di un ergastolo senza appello.

I genitori hanno inderogabili compiti e responsabilità nell’accompagnare un figlio che cresce. Non si possono delegare e procrastinare scelte e decisioni. Specie quando è il momento di assumerle per il serio rischio di un flop esistenziale del ragazzo.  Per quanto si possa sbagliare, aggiustare il tiro, rivedere una decisione, scusarsi persino, nulla è più deleterio dell’immobilismo dell’adulto che crea angoscia nel ragazzo, persuadendolo di non poter  contare su nessuno. Si piange e si ride assieme e si fa squadra nei momenti critici. Dalle crisi si esce uniti, oppure ci si impantana maledicendo il fato e puntando il dito a destra e a manca.

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