Come uscirne
Argomenti trattati da Francesco Carpano nel libro: “Stare bene con se stessi e con gli altri, Armando Editore, Roma 2005”
L’alcolismo
L’alcool è un alimento? E’ bene distinguere il vino dall’alcool, ossia dagli alcolici e superalcolici. Il vino, in quantità ridotta, ossia un bicchiere durante i pasti può essere considerato un alimento in quanto contiene oltre all’alcool, zuccheri e sali minerali.
Da molti studiosi l’alcool non è considerato un alimento, anzi è ritenuto nocivo (anche se in piccole dosi) e, secondo altri ricercatori, in dosi moderate in ogni caso, si può affermare che, di sicuro, non fa bene all’organismo.
La religione musulmana vieta categoricamente l’uso di alcool, mentre nella nostra cultura esso è una droga legalizzata, se ne ammette l’uso moderato ma viene condannato l’abuso da parte dell’automobilista.
Gli effetti che si possono avere dall’abuso dell’alcool sono: ebbrezza alcolica in fase acuta e dipendenza cronica. L’alcolista può andare incontro ad effetti veramente devastanti dovuti alle malattie cosiddette alcolcorrelate che sono: cirrosi epatica, comportamenti violenti e aggressivi, convulsioni, epilessia. L’effetto dell’alcool dura 4-8 ore e causa depressione. Normalmente l’alcool procura sonnolenza nelle prime ore e insonnia verso il mattino, inappetenza e calo nelle prestazioni sessuali, alterazione dell’umore, depressione, ansia, irritabilità e nervosismo. Fa perdere, inoltre, il contatto con la realtà, provocando un certo isolamento dal mondo e riducendo le prestazioni lavorative. Non pochi sono gli incidenti stradali e gli infortuni dovuti all’abuso di alcool. L’alcolismo rappresenta la terza malattia dopo quelle cardiovascolari e il cancro. I morti per alcolismo, in Italia ogni anno, sono circa 20000, venticinque volte di più dei morti per droga pesante.
L’alcolismo è una malattia psico-sociale che consiste nell’uso non moderato di bere alcolici con effetti devastanti sia nella psiche che sull’organismo. Non è un vizio ma il sintomo di un disagio.
E’ considerata dagli studiosi una malattia multifattoriale le cui componenti, ambiente sociale, familiare e fattori psicologici interagiscono strettamente con alcune caratteristiche biologiche predisponenti.
L’alcolista non deve essere considerato un delinquente ma una persona che ha un disagio psicologico e sociale e che sta attraversando un periodo critico dell’esistenza.
Negli ultimi anni l’alcolismo registra un aumento tra le donne ed in particolare tra le casalinghe che vivrebbero un notevole senso di frustrazione per la loro condizione di donne non pienamente realizzate.
Possono essere diverse le motivazioni che inducono a bere. Nel caso in cui prevale la motivazione esistenziale, s’inizia e si continua a bere per coprire un vuoto interiore che deriva dal fallimento del progetto personale di autorealizzazione. Se è particolarmente accentuata la motivazione psicologica, la dipendenza da alcool è rivelatrice di una dipendenza psicologica del soggetto che si manifesta con una fragilità caratteriale, scarsa tolleranza alle frustrazioni e all’ansia, con difficoltà nel gestire i conflitti e di assumersi le responsabilità .
Secondo la teoria psicologico-sociale che sta avendo un particolare sviluppo negli ultimi anni, l’alcolismo sarebbe il sintomo di un disagio familiare e nei rapporti interpersonali.
Da uno studio recente sui ragazzi d’età compresa tra 14 e 20 anni si rileva che il 70% consuma bevande alcoliche e il 12% in modo eccessivo. Tra i frequentatori di discoteche della stessa fascia d’età, il 72% consuma bevande alcoliche mentre dei coetanei che non frequentano le discoteche solo il 4% ha le stesse abitudini. Le ragazze devono molto di meno, ma consumano più farmaci dei maschi soprattutto analgesici, ricostituenti, tranquillanti e antidepressivi.
Il motivo più frequente per il quale i giovani fanno abuso di alcool sopratutto in discoteca, potrebbe essere l’incapacità di divertirsi in condizioni normali, il tentativo di vincere la timidezza e l’inadeguatezza. La ricerca dello “sballo” è dovuta all’impulso a ricercare sensazioni forti. In realtà, si vuole nascondere l’incapacità di vivere e di gestire le emozioni in condizioni normali.
Come uscirne?
Uscire dall’alcolismo non è né facile e né semplice anche perché l’alcool, essendo una sostanza venduta nel libero mercato, da molti non è considerato una droga che procura effetti devastanti sull’organismo, sulla psiche e sul sistema nervoso centrale. Questa situazione non facilita la responsabilizzazione dell’alcolista e della società che tende ad emarginare i bevitori non moderati.
Per superare la dipendenza dall’alcool, la prima cosa da fare è quella di rivolgersi ad una struttura sanitaria per provvedere alla disassuefazione e per curare eventuali danni arrecati all’organismo.
Come per i tossicodipendenti, dopo questa prima fase occorre procedere a quella successiva che consiste in una terapia non farmacologia, ossia di tipo psicosociale o psicoterapeutica, mirata a ricostruire la personalità e a rimuovere i fattori psicologici e sociali che hanno concorso a causare la malattia.
Spesso è richiesta la collaborazione ed il coinvolgimento nella terapia da parte dei familiari che sono chiamati a fornire il necessario sostegno morale psicologico. Quest’ultimo tipo di terapia è praticato dall’”Anonima alcolisti” e dal C.A.T (club alcolisti in trattamento). Diffusi in tutto il territorio nazionale con i circa due mila club che praticano questa terapia fondata sull’approccio medico-psico-sociale integrato.