L’omicidio stradale (R. Cafiso)
ROBERTO CAFISO
Il dibattito sull’omicidio stradale aggrega profili teorici di diritto civile e penale e rappresenta ad un tempo spaccati di vita sociale e di salvaguardia concreta di esistenze umane e dei correlati familiari ad esse intimamente legate. La legislazione italiana, dopo raccolte di firme e proposte legislative sul tema, è ancora alla ricerca di una soluzione “equa”, che possa cioè dirimere la percezione da parte dell’opinione pubblica di reati gravissimi che si consumano all’insegna di pene considerate blande se commisurate al danno arrecato.
In attesa della legge imminente da troppo tempo, di fatto i morti falciati sulle strade ad opera di guidatori temerari, incoscienti o alterati non avranno quella giustizia che la maggior parte dell’opinione pubblica reclama. Un vuoto normativo che nella “culla del diritto” – che il nostro Paese si vanta di rappresentare – è ancora più grave perché non riesce a rispondere ai “nuovi comportamenti” di coloro che, mettendosi alla guida di un mezzo in condizioni psico-fisiche inadeguate, uccidono propri simili.
In molti altri Paesi ( Stati Uniti, Regno Unito, su tutti ) per questi reati c’è l’arresto immediato. L’imputato dovrà dimostrare che l’evento è involontario anziché intenzionale. In Italia ad oggi il reato è colposo e l’autore rischia sino a 7 anni, che strada facendo saranno meno che dimezzati. Una quasi garanzia di impunità che scoraggia la deterrenza e dunque non fa prevenzione. Se il numero di incidenti stradali si è attestato nel 2011 a 205.638 unità , con un indice di mortalità pari a 2,8 per ogni 100 incidenti, è chiaro che il fenomeno ha conseguenze sociali enormi e per questo andrebbe contenuto anche con sanzioni equipollenti al danno.
Il tema di fondo è probabilmente il livello di responsabilità e dunque di punibilità del reo. Se si tratta cioè di un fatto doloso o colpevole, assimilabile all’omicidio volontario. Nella nostra legislazione, ad esempio, tossicodipendenti ed alcolisti non vengono considerati incapaci di intendere e di volere, a meno che non subentrino complicanze psichiche transitorie . Lo status di assunzione acuta , sub acuta o cronica, non restringerebbe lo spettro dell’arbitrio personale, tant’è che un tossicodipendente non può essere costretto a curarsi, né può essere sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio per il suo crarving. Lo stato di non piena coscienza tuttavia può essere addirittura invocato come attenuante per un reato.
Ne deriva che il guidatore sotto effetto di sostanze stupefacenti o alcoliche nel momento in cui avvia un’automobile è cosciente di aver assunto o abusato di qualcosa, probabilmente è cosciente di non essere al meglio delle sue capacità attentive e reattive o peggio presume il contrario. Di fatto decide di essere in grado di guidare , infrangendo il codice stradale. Quando egli provoca un incidente mortale per evidente responsabilità ha o no compiuto un omicidio ? E questo può considerarsi intenzionale ? Preteritenzionale ? O è colposo ? O addirittura va considerato un evento imprevedibile, fortuito, che non stigmatizza la volontà di nuocere dell’autista improvvido ? Intorno ai principi teoretici si può far notte.
Nel frattempo, ogni giorno, vengono investiti soggetti ignari ed incapaci di prevedere il comportamento di un loro simile che guidava pur non dovendolo fare o che cercava di emulare in malo modo Alonso. Ragazzi o ragazze che muoiono di colpo sulla strada, adulti che lasciano vedove ed orfani in casa. Usciti sorridenti da casa al mattino non torneranno più a sorridere, scomposti ed inanimati sull’asfalto con un lenzuolo addosso, in attesa di essere sistemati dentro una bara. Oppure persone che sopravvivono restando mutilate per sempre, superstiti ma con la morte nel cuore per sempre, quella morte che impietosamente li ha risparmiati per restituirli ad una vita a metà.
Le associazioni di parenti delle vittime sulla strada raccolgono firme e pressano affinché si arrivi subito ad un articolato esplicito e specifico, che dia al giudice la facoltà di distinguere tra fattispecie di sinistri senza però sottrarlo dall’irrogazione di una vera pena. Meschina consolazione, ovvio, per chi ha perso un proprio caro così iniquamente, ma che può quantomeno impedire al colpevole di reiterare lo stesso comportamento ( come non di rado capita ), perché la società gli ha impedito di trovarsi nuovamente a bordo di un auto strafatto a travolgere qualcuno.