Psiche, balocchi e profumi
ROBERTO CAFISO
Nei miti dell’amore materno che ci tramandiamo da secoli qualche crepa ha oramai fatto capolino, in coincidenza con le consapevolezze che il grado medio di cultura ha propagato alla gente. Molte ancora le resistenze, tuttavia meno giovani si strappano le vesti a prendere atto che la più subdola nemica di una figlia può essere la madre. Una canzone di altri tempi, “Balocchi e profumi” parlava in controtendenza rispetto al tradizionale stereotipo dell’amore materno, di una madre egoista che si abbelliva a discapito della figlia trascurata ( Mamma tu compri soltanto profumi per te….) . Una donna che non rinunciava a se stessa e non accettava di sacrificarsi per la sua bambina.
Esistono madri degeneri, che gettano i neonati nei cassonetti, fanno loro violenze di ogni tipo, sino a compiere persino infanticidi. Queste anomalie dell’istinto al prendersi cura della prole, mettono in risalto talune nature femminili senza alcuna vocazione alla maternità o addirittura impianti psichici malati e perversi. Ma una madre può vivere il fastidio e la rivalità verso una figlia in modo più subdolo ed assolutamente inconsapevole.
E’ la competizione donna contro l’archetipo ancestrale. La percezione della figlia già bella, brillante e complimentata già da bambina e che promette successi su successi. Talvolta ciò slatentizza istinti antagonistici femminili dell’accaparrarsi il predominio del contesto, con particolare riferimento alla conquista dei maschi significativi ( vedi il marito ) che da padre si lega alla figlia dispensandole manifestazioni di affetto ed attenzioni spontanee. A ciò aggiungasi che quella madre ferita è magari stata una figlia disattesa e trascurata. Ed appena è riuscita ad ottenere il proprio spazio affettivo nel legame col partner, ecco che una bambina pur partorita diventa inopinatamente un’avversaria. Da allora il destino di quella bimba potrà prendere una strada di un ridimensionamento ad ogni livello che le imporranno percorsi esistenziali costellati da critiche ed ostacoli.
Ragazze che crescono zavorrate dalla percezione di un disinteresse materno che non è semplicemente distacco, ma oppositività talvolta cattiva, camuffata dal simulacro del mandato educativo . Un tranello subdolo a cui una figlia non osa pensare, per non disperarsi, ma che goccia dopo goccia perfora l’autostima della ragazza intanto donna, la sua sicurezza personale e le potenzialità ad essere se stessa al meglio. Madri talvolta gelose persino del successo professionale delle figlie conquistato malgrado intralci di ogni tipo. Figlie malgrado tutto con una marcia in più, volitive e resilienti, che nuotando controcorrente si sono ritagliate i loro spazi esistenziali finalmente gratificanti.
Donne che si sposano, hanno figli e che assistono al pietoso ed incessante imperversare della madre-matrigna nella loro vita, in un singolar tenzone unilaterale ed senza fine. Madri smaccatamente affettuose con il genero, quali dovessero conquistarlo a scapito della figlia. Nonne protese verso i nipoti, come a voler essere per loro più significative della loro madre. Mamme che danno sempre torto alla figlia, ridimensionandola agli occhi di chiunque, raccontando aneddoti per ridicolizzarla e rimpicciolire le sue evidenti capacità personali . Una guerra senza tregua destinata tuttavia a finire perché il tempo che scorre mette a posto ogni cosa. Queste madri ingenerose sul letto di malattia troveranno spesso quella figlia ad accudirle, dimentiche del male subìto ed indulgenti. E’ la vecchiaia spesso che rende più vividi i rimorsi per le ingiustizie perpetrate su chi sarebbe stato giusto amare e far crescere al meglio. Non sempre l’invidia produce astio. Quando riesce a generare perdono essa diventa una ferita destinata a sanguinare per ciò che resta della vita.