Psiche e cannabis sdoganata
PSICHE & SOCIETA’ di Roberto Cafiso DA LA SICILIA del 27.3.17
LA CANNABIS, LA DROGA “INNOCUA” EPPURE STRADA MAESTRA PER DISTURBI MENTALI….
A Pittsburgh , nella locale università e in quella dell’Arizona sono arrivati alla conclusione che la marijuana raddoppia il rischio di esordio precoce schizofrenico. Parliamo di una droga molto “sdoganata” anche in Italia, le cui credenziali sul consumo sono affidate non a scienziati, ma ad opinionisti e personaggi del mondo dello spettacolo. Nello studio gemellato tra le due università sono invece stati esaminati mille ragazzi tra i 13 e i 18 anni che consumavano regolarmente cannabis. Tra le altre evidenze quella che interrompendo anche dopo molti mesi l’auto somministrazione di droga, i sintomi paranoici ed allucinatori continuavano, pur a volte con modalità sub cliniche. Non è del resto una novità. Anche col fumo di sigaretta si sono visti effetti duraturi nel cervello ed addirittura modificazioni cerebrali dopo molti anni di dismissione della nicotina.
L’uso settimanale di cannabis per diversi mesi aumenta il rischio di paranoia di quasi il 30 per cento anche dopo un anno di astensione dal fumo. Segno che gli effetti del principio attivo restano presenti nel sistema nervoso centrale per molto tempo, probabilmente in modo simile al fumo di sigaretta. Che la psicosi o addirittura la schizofrenia fosse correlata con l’impiego di marijuana era già noto. Questa ulteriore ricerca lo conferma, sottolineando ancora una volta come la concentrazione del principio attivo ( THC ) presente oggi in una “canna” arrivi al 18% contro il 3 % degli spinelli dei “figli dei fiori” anni ‘70. L’erba di allora in altre parole “altro” rispetto alla sostanza oggi sul mercato e l’età di prima assunzione si è molto abbassata, esponendo a rischi i cervelli ancora in evoluzione dei ragazzini.
Uno degli scenari più preoccupanti da qui a 20 anni sarà l’aumento delle malattie psichiche, frutto di molti fattori ambientali e relazionali. L’uso di droghe, cannabis inclusa, è tra questi. Vi sono evidenze già oggi che necessitano di trattamento e coinvolgono famiglie impreparate e mal informate. Se è vero, come dice Roberto Cavallaro, del San Raffaele di Milano, che la schizofrenia ha una prevalenza dello 0,7 % sulla popolazione, è altrettanto certo che il consumo reiterato di cannabis raddoppia il rischio, sino ad arrivare al 2%. Dipende anche dall’accuratezza della raccolta anamnestica del paziente. Più comunemente è accertato che l’uso anche sporadico di THC produce manifestazione d’ansia ed attacchi di panico, nonché alterazioni definite genericamente “psicosomatiche” , ma che hanno correlazioni da approfondire circa gli effetti del principio attivo della cannabis sull’organismo.
Sono note le alterazioni della corteccia pre – frontale con deficit esecutivi e quelle che riguardano concentrazione, motivazione e memoria. Tutte funzioni in grado di compromettere un normale sviluppo nel corso dell’adolescenza, visto che quest’età è quella del completamento della rete neuronale. La cannabis altera questo processo e predispone alle sindromi dissociative, specie se vi è una predisposizione biologica che il THC è in grado di slatentizzare. Predisposizione che non sollecitata potrebbe restare viceversa silente nel corso dell’intera vita.
I ricercatori hanno messo in evidenza rischi subdoli. Vale a dire fenomeni psicotici sotto soglia sintomatologica. Condizioni che rassomigliano alla psicopatologia conclamata, ma che tuttavia si manifesta per lungo tempo in modo intermittente, ambiguo, senza fornire i presupposti per una diagnosi, sino a quando la probabilità dell’esordio psicotico cresce talmente, in tandem con il consuma di droga, da evidenziare la malattia psicopatologica. Nel nostro Paese il dibattito tuttavia è un altro e la prevenzione dei consumi specifici è andata da tempo in soffitta. In aumento viceversa i disturbi indotti da cannabis, che seguono un andamento lungo ed incerto, con famiglie confuse, infragilite, che credono di curare il figlio mentre questi continua a fumare cannabis, persuasi che non sia nulla di ché.