Psiche e cannabis terapeutica
PSICHE & SOCIETA’ di Roberto Cafiso
Sulla liberalizzazione della cannabis per fini terapeutici più che le polemiche a deriva ideologica ( tipiche del nostro Paese ), impazza la confusione. E se un farmaco a base di Thc ( e non le piante coltivate in casa per consumo e spaccio ) può ridurre un dolore oncologico, ovvero i sintomi di spasticità nella sclerosi multipla, senza per questo curare il tumore o la malattia neurologica, non vuol dire che quel farmaco sdogani l’erba arrotolata nella cartina per sballare.
Occorre che i genitori di ragazzi dipendenti e impenitenti, dediti alle canne, quanto meno non si facciano irretire anche su questi concetti. Se le cure gratuite con farmaci a base di dronabinol ( cannabis sintetizzata in laboratorio ) sono autorizzate in Toscana, Puglia, Friuli, Veneto, Marche ed Abruzzo sino ad oggi , è anche vero - come spesso capita – che l’entusiasmo un po’ scalmanato per l’apertura ad un principio attivo sino a poco tempo fa illegale, non ha trovato attendibile comparazione costi – benefici rispetto ad altri antidolorifici sul mercato. Come dire puzza di business anche qui.
Cosa diversa è la liberalizzazione in Colorado, negli Usa, aperta anche all’uso non terapeutico per incrementare i ricavi dello Stato. Una sorta di concorrenza ai pusher dove all’aumento degli introiti sta corrispondendo, e non poteva essere diversamente, un innalzamento dei consumi. Solo chi disconosce le nozioni di dipendenza e tolleranza può ingenuamente e colpevolmente pensare che i mercati legali ed illegali non si mischino assieme, virando oltre a scapito degli assuntori.
L’uso dei prodotti a base di canapa indiana è dunque sin qui consentito sotto il controllo medico e per curare talune patologie. Non esiste alcuna libera iniziativa del paziente, per essere chiari. Perché nessuno penserebbe di usare un antibiotico dai molti effetti collaterali per provare ebbrezza. E se qualcuno lo facesse sarebbe affetto da una dipendenza farmacologica. Abbiamo già attraversato degenerazioni sul misuso o la diversione di farmaci antidolorifici quali la morfina o lo stesso metadone, dove lo scopo terapeutico ha lasciato sovente posto all’abuso e dunque al travalica mento del fine curativo. Che poi le droghe siano state utilizzate e tollerate da sempre e talvolta per compensare carestie o modificare lo stato di coscienza dei nativi, altrimenti protesi a ribaltare i regimi intollerabili nei quali cercavano di sopravvivere, è storia nota. Come la cultura dell’evasione in Europa, contrastata dalla cristianità avversa ai desideri lascivi con il prolasso dell’arbitrio personale, requisito della scelta consapevole di Dio.
Ma al di là di queste considerazione storico – culturali restano le evidenze scientifiche sulla cannabis e sui danni neurotossici specie in adolescenza, con compromissione della memoria, attenzione, motivazione , concentrazione e apprendimento. Lo sanno bene le famiglie quando in poche settimane assistono alla metamorfosi di un ragazzo, dal rendimento scolastico sino al comportamento in casa. Dai deficit intellettivi, di giudizio e decisione ( dunque rischi alla guida di mezzi ) sino alla vulnerabilità psichica, in grado di slatentizzare patologie mentali anche importanti. Non ultimo il transito verso altre sostanze d’abuso. Quindi sia chiaro che la legalizzazione per l’ uso terapeutico della cannabis nulla ha a che vedere con il consumo voluttuario di giovani e non, sino a quel momento sani.