Psiche e chiedere scusa
PSICHE & SOCIETA’ di Roberto Cafiso da LA SICILIA del 2 GENN. 2017
CHIEDERE SCUSA E’ DIFFICILE E SOLO CHI HA UNA BUONA AUTOSTIMA CI RIESCE
Per molti è difficile, per alcuni impossibile, chiedere scusa, ammettendo un errore, ovvero ravvedendosi di un convincimento sbagliato. Difficile come scalare l’Everest. I bambini non hanno molti esempi in casa in tal senso. I genitori , giacché adulti, considerano ridimensionante l’ammissione di uno sbaglio di fronte al figlio. Non cogliendo che il perseverare in una tesi evidentemente fallata è ben più controproducente che ammetterne i limiti.
“Scusa” è diventata una parolina magica, perché rara, inusitata. Di un altro mondo. Eppure è un unguento che cicatrizza dissapori e spesso conflitti e che pone chi la pronuncia in una dimensione di lealtà ed affidabilità. Qualcuno teme anche di vulnerabilità, ma si tratta di un vulnus personale più che la conferma che l’ammissione di un errore possa toglierci credibilità e stima. D’altronde le matite hanno sull’altro capo una gomma. Segno che l’errore è previsto ed è tipicamente umano. Il non saperlo ammetterlo è perciò innaturale.
Errori e scuse camminano di pari passo ed hanno nell’autostima un loro fondamento. Se questa è di argilla la presa d’atto di uno sbaglio è inammissibile. Se piantata sulla roccia essa è invece un ricostituente, perché solo le persone solide e non presuntuose non cercano scappatoie per non riconoscere una responsabilità. Come dire : chi sa chiedere scusa non accampa scuse. La vita non ci vede, né ci vuole perfetti, ma ci chiede per vivere bene più autocritica ed ammissione degli sbagli.
Questi non sono un capestro, ma se sostenuti oltre ogni logica rischiano di diventare un flop colossale. Dove raggiriamo la logica e l’evidenza ci mostriamo con le nostre stesse mani inaffidabili perché ingenui sino alla soglia della stupidità. Commettiamo tanti strafalcioni in nome di un malcelato presuntuoso egocentrismo . Ne commettiamo ulteriormente quando non siamo in grado di prenderne atto e di rammaricarcene.
Anche nei rapporti affettivi chiedere scusa è salvifico. Stare col pallottoliere a contare le volte che ha ragione l’uno o l’altro è impoverente . Dopo acerrime discussioni dove non è appurabile alcuna verità tra le tesi contrapposte , fare il primo passo e scusarsi quanto meno del tono e della foga è un gesto di amore. La voglia di pacificazione in genere lo è, ovviamente in un ambito di reciproca disponibilità e desiderio di mettere un punto alla diatriba.
Le scuse devono però essere sentite e non di facciata. Le prime sono il requisito essenziale del pentimento dopo la confessione, l’ammissione di colpa. Le seconde sono una didascalia non partecipata che consente a chi le porge di continuare a commettere errori e danneggiare il proprio prossimo. Le scuse sentite persuadono l’altro perché intrise di rammarico autentico. Accettarle è a sua volta un atto d’amore e di perdono. Perché spesso si sbaglia per frettolosi giudizi, pregiudizi o scarsi ragguagli sui fatti. Si sbaglia per paura, ingenuità che diventa rabbia, inganno, cattivi consiglieri.
Le scuse sono allora una “buona pratica” da recuperare perché l’esistenza necessita della pacificazione e non si può ipotizzare di vivere nel continuo conflitto , nel rancore o nell’ostilità. Si tratta di condizioni che non solo danneggiano i rapporti umani ma in primo luogo noi stessi.