Psiche e comunicare

PSICHE & SOCIETA’ di Roberto Cafiso da LA SICILIA del 17.10.16
DIFFICOLTA’ A FARSI CAPIRE E A CAPIRE CHI CI PARLA

Se parlare  risulta facile, più  difficile è comunicare, far passare cioè  un concetto all’altro  in modo fedele rispetto  pensiero ispiratore . Già, perché tra le due “ricetrasmittenti” ( gli esseri umani )  vi sono una serie di fattori distorsivi, in grado di manipolare l’autenticità del concetto espresso. Se questo  è difficile tra due persone, immaginante quanto complesso possa essere tra più persone, cioè tra un emittente e più riceventi.

Il primo fattore da mettere in conto nel comunicare è il  differente sistema di riferimento mentale individuale. Cultura, vocabolario, rete neuronale e dunque concettuale. Per questo la regola principale di una buona comunicazione è l’espressione sintetica e semplice di un concetto. Quanto più questo è espresso in modo asciutto e comprensibile, tanto minori saranno gli errori di  “modificazione da transito” di un pensiero.  Il secondo fattore è la modalità comunicativa.  Non solo il tono, il volume e la complessità dei concetti ,che come già detto vanno resi comprensibili , ma anche  lo stile del comunicare :  se aggressivo, passivo e soporifico o assertivo. Quest’ultimo è di norma interattivo e tiene conto dell’altro, del suo sapere, del sentire e della sua capacità espressiva. Uno degli errori madornali del comunicare è somministrare preposizioni senza tener conto dell’altro, quasi ci si trovasse davanti ad uno specchio ( il cosiddetto “parlarsi addosso” ).

La terza buona prassi è infatti l’essere  certi che chi abbiamo di fronte ci ascolti e capisca quello che stiamo dicendo e per far questo sono necessarie delle pause di verifica, inclusi i feedback che ci dicano se il concetto espresso è “passato” o si è perso tra la nostra fonazione  e le orecchie dell’altro. Se manca la necessaria polarizzazione dei cervelli comunicanti stiamo parlando a vuoto. Se qualcuno ci sente non per questo ci sta ascoltando.

Quando un concetto espresso cozza contro le convinzioni altrui è importante tener presente che in autotutela quel sistema di riferimento lo può rifiutare ( non capendolo ) o distorcere, comprendendo solo ciò che non cozza contro i propri convincimenti. In tal caso è  utile ripetere, frammentare con calma e semplicità, per poi accertarsi che la nostra idea sia passata almeno al vaglio dell’altro. A volte sol perché siamo stati espliciti diamo per certo  che abbiamo persuaso l’altro. Grave errore,  perché le difese auto conservative di modi di pensare pur sbagliati o controproducenti tendono ad essere salvaguardati  dalle  credenze individuali.

Un’altra regola da tener sempre presente è che per comunicare bisogna dare spazio all’altro, con delle pause nella nostra produzione. La prassi dei dibattiti politici in tv dove ci si sovrappone impedendo all’altro di completare il proprio pensiero, è un pessimo esempio comunicativo. Un’altra consuetudine da evitare è la modalità elusiva della comunicazione : il non rispondere ad una domanda esplicita, restando vaghi, il non dire mai : non ho capito, puoi ripetere?  Oppure  cambiar tema nel rispondere. In alcune situazioni le trappole comunicative sono frequenti. Ad esempio basarsi non sul contenuto  ma sulla forma del messaggio ( un alibi spesso usato per evitare una responsabilità  ), oppure rispondere ad un quesito con un altro quesito, magari a pregnanza emotiva, compassionevole, per distogliere e sensibilizzare l’interlocutore. Oppure ancora  confonderlo   con una serie di perifrasi che non arrivano mai al dunque, perché in realtà non intendono definirlo.

Comunicare bene segna i destini dei rapporti tra genitori e figli, partner, insegnanti e  studenti, vertici e quadri aziendali,  capi di stato, scienziati, …. E’ alla base del benessere individuale e sociale di tutte le collettività civili. E’ un apprendimento: nessuno nasce sapendo in questo settore.

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