Psiche e crisi
ROBERTO CAFISO da LA SICILIA del 6.3.15
LA CRISI COME OPPORTUNITA’ E NON COME TEGOLA IN TESTA
La parola crisi in genere spaventa . Eppure spesso ci si lamenta perché la nostra vita scorre in maniera stantia, noiosa e piatta. Vorremmo che certe cose cambiassero, ma quasi per incanto e senza strattoni, impegno personale e soprattutto sofferenza. Premesso che non può cambiar nulla se continuiamo a fare le stesse cose, è implicito nel concetto stesso di trasformazione l’idea di una crisi, che è il punto di trapasso tra una condizione ed un’altra.
La crisi annuncia la metamorfosi e porta ed accende una condizione di start, che è pur sempre l’inizio di un andare oltre . L’evoluzione del genere umano ha comportato crisi profonde e i passaggi di status e le tappe di crescita, individuale e collettiva , sono sempre scandite da criticità dove si perde l’assodato e si guadagna il nuovo, foriero di prospettive quasi sempre migliorative, se le si guarda con speranza . Dalle crisi, in altre parole , scaturisce l’innovazione e tutte le grandi opere umane sono sgorgate dal superamento della presa d’atto dell’inadeguatezza consunta di una convenzione ormai datata .
Crisi è il passaggio dalla notte al giorno, che pure auspichiamo. Prelude alla crisi il cambio delle stagioni , un dolore profondo, una malattia da superare, un flop esistenziale, una condizione economico – sociale e politica dalla quale uscir fuori o un rapporto affettivo inariditosi, Ogni crisi prevede un periodo di confusione tormentata nel quale si tenta di prendere una decisione prima di affrontare e superare lo stallo. Il nuovo nasce dall’angoscia, come il successo dal coraggio. Superare se stessi è il crescere oltre un limite che pareva invalicabile e che pure ci ha visti andare oltre. Superare senza essere per questo superati dal tempo è il segreto del cammino dell’uomo.
Che gli esseri umani incontrino nel corso della propria vita dei problemi è inevitabile. Che taluni accentuino questi problemi più delle soluzioni possibili è la differenza che c’è tra l’essere resiliente e sconfitto in partenza, tra il vivere ed il sopravvivere stancamente. Certuni sono poi semplicemente pigri o un po’ codardi e non trovano di meglio che pascere nelle proprie difficoltà, al riparo dalla crisi, occasione per il superamento del disagio. Sembra illogico ma è frutto di una paura innata dell’inaspettato. Si attendono soluzioni dal cielo, per lo più indolori e si impreca contro la vita, il destino, Dio , se esse non arrivano. Se la sfida è un requisito dell’esistenza umana, chi vuol vivere senza sfidare la propria sorte, volgendola al meglio e ripudiando ogni tipo di conflitto, resterà relegato in un’agonia che è lo scontato susseguirsi del tempo, sino a che si sarà compiuta la propria sorte mai attraversata da un’iniziativa personale.
Le stesse esistenze appiattite , lontane da ogni crisi, diventano sopravvivenze grigie. Non c’è il santo che non pecca perché al riparo dal mondo. Egli non ha il merito di colui il quale , a contatto con la vita reale, si dibatte continuamente per superare tendenze o tentazioni. Chi si pone al riparo da ogni tipo di sconvolgimento interiore di fatto ha rinunciato al merito. Come il marinaio che, ripudiando il vento e cercando solo tenui brezze, con la propria barca non andrà mai nel mare più profondo e pescoso. La prudenza decantata come una virtù spesso è invece l’alibi dell’ ignavia , il sigillo dell’incapacità del rischiare di trovare una crisi dietro l’angolo.
E’ stato detto che la sola crisi pericolosa è la rinuncia a lottare per superarla. E pare verosimile che molta gente non provi a risolvere dei problemi o per incapacità a farlo ( il ché presupporrebbe la volontà di nuovi apprendimenti ), ovvero per rifiuto , delega o rassegnazione. Il confine che separa le pecore dai pastori sta nel decidere la strada da percorrere e non nel seguirla a testa bassa. Per questo ai propri figli non si dovrebbe insegnare a schivare le crisi, ma ad affrontarle, facendosi oltrepassare persino dal dolore, imparando ad elevarne la tolleranza e a dargli un significato esperenziale. Questo è il presupposto per una tempra che scaturisce da chi ha sudato per realizzare un’impresa, per poi gioire per essersi guadagnandosi ciò che ha , avvertendosi un vero artefice della propria vita.