Psiche e dipendenze affettive

PSICHE & SOCIETA’ DI ROBERTO CAFISO   DA LA SICILIA del 4.4.17

SI  PRONUNCIA AMORE, SI LEGGE DIPENDENZA….

In coincidenza con la crisi economica e recessiva di questi ultimi anni, si è affacciato prepotentemente l’accentuazione delle dipendenze affettive, vale a dire legami basati su vincoli molto stretti ed al limite dell’ossessione, quasi a compenso di una insicurezza sociale diventata insostenibile. I fenomeni  più macroscopici a cui assistiamo sono quelli dello stalking  dagli esiti  spesso drammatici , ma in modo più  inapparente  un numero sempre maggiore di persone ha istaurato la propria dimensione affettiva secondo lo schema della “dedizione  ad un padrone” , con alterne vicende dei rapporti, conflittualità anche accese e crisi periodiche e sempre più dolorose.

Molti ancora lo chiamano amore e quasi  se ne compiacciono . Ma in realtà l’amore dovrebbe dare gioia e costoro la gioia da tempo non sanno più cos’è. Di fatto restano in una posizione di recriminazione verso l’altro, di propositi “definitivi” a rompere il legame che poi non riescono ad attuare. Un “lascio e prendo”  reciproco tra due persone che non sanno cambiare modalità dello stare assieme. Ovvero non riescono ad andare oltre a rapporti che pur  definendo  “malati” non sanno risolvere.

Per lo più  è determinante la paura dell’abbandono. Costoro sin da ragazzini sono terrorizzati dalla perdita, per esperienze significative o per struttura personologica. E non sopportando l’idea  del distacco, permangono all’interno di relazioni  dilanianti e centrate sul conflitto. Non si tratta di “amori litigarelli”, in cui la quota di scontro è ben dosata rispetto ad altre dimensioni rinforzanti  lo stare insieme. Qui si parla di ritmi circadiani affettivi con maree basse, dove tutto sembra funzionare bene e tsunami improvvisi ove si corre il rischio di farsi male fisicamente. E il rapporto è incastonato in questo susseguirsi   periodico. Che ad usare un calendario si potrebbe prevedere con una certa attendibilità la data della prossima crisi.

Crisi scatenate da un motivo a volte banale, da un pretesto. Per quel motivo molte altre volte non ci si è neppure scomposti. Ma nel periodo di mare grosso e del vento impetuoso tutto è occasione per scatenare la tempesta perfetta nella coppia, ovviamente senza limitazioni espressive talvolta di fronte ai figli,   ad attestare la perdita di ogni controllo. Ma forse di più: la voglia di perdere il controllo, di distruggere, di aderire ad un modello di fallimento individuale  che caratterizza la vita emozionale di alcune persone, alla ricerca di conferma dell’abbandono e del loro non  essere tagliati per i legami, pur dipendendone disperatamente. Ecco : la disperazione diventa il leit motiv dell’ affettività  di persone apparentemente equilibrate e positive in decine di altri ambiti sociali, ma carenti della sicurezza personale nel sentirsi in grado di portare avanti un legame stabile.

E’ vero che alcuni senza volerlo non vogliono nulla di solido pur affermando il contrario.  E’ anche vero che altri non sanno mantenere la robustezza di un rapporto, perché non ne hanno una personale e l’affettività fluttua, si dibatte e in maniera controversa afferma un bisogno per poi negarlo, sino a restare imprigionati in questa oscillazione dell’umore. Non è  una distimia franca, ma un approccio col mondo appesantito da idee e convinzioni false,  irrazionali,  che mettono costantemente sotto processo la propria esistenza, con un verdetto quasi sempre  di auto colpevolezza.  Psicoterapie individuali, più che di coppia,perché all’origine c’è un vulnus individuale, magari analogo nei due partner   che non riescono a lasciarsi. Le minacce di separarsi “per sempre”  o i gesti non auto conservativi sono per lo più solo la drammatizzazione di una modalità di funzionamento  “on-off”  tipica di un interruttore sempre sotto pressione.

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