Psiche e divorzi violenti

ROBERTO CAFISO

 

Individui di livello culturale e   socio – economico    elevato ad  un certo punto  smettono i panni  a modo   e  affrontando  una  separazione    indossano le pelli animali,  a ridosso della preistoria ed  imbracciano  la clava contro il coniuge,   utilizzando i figli come  arma  con cui sferrare colpi  veementi  al partner, senza alcuna coscienza del male che faranno alla prole  ferita, sconvolta   ed umiliata negli affetti  e nell’identità.

 

Succede e gli avvocati ed  i giudici lo sanno .  Ci hanno fatto il callo, disillusi dal  concetto di civiltà  ed aplomb   che amiamo invocare parlando della  gente perbene che invece,  proprio in virtù della loro  presunta supremazia sociale, ritiene di avere il diritto di  ingaggiare  duelli all’ultimo sangue   con l’ex marito o l’ex  moglie per un  insaziabile desiderio di vendetta, rivalsa  per l’ autostima frustrata dal flop matrimoniale. Il simulacro sono i figli, il loro benessere, di cui tuttavia non sembrano curarsi troppo viste le strategie  prive di scrupoli  usate nell’iter di separazione.

 

Non  riescono ad immaginare seriamente  come  un  figlio, al di là delle apparenze, viva la  disunione dei genitori  come una perdita  di cui attribuirsi la colpa.  Il bambino si sente molto spesso  il   responsabile del crack della famiglia , come se non fosse stato importante per ciascuno dei due e costretto, viste le pressioni talvolta da entrambi i lati, a doverne scegliere uno soltanto, rinunciando all’altro. Uno stato di insostenibile ansia e depressione dove  saltano fuori, come una bomba ad orologeria, sintomi e condizioni morbose reattive  ed uno stato di disagio che i genitori guerrafondai continuano ad  alimentare  con incessanti  bagarre legali, oltre ogni senso civico e di pietas, condizione quest’ultima  presente persino negli animali.

 

Non è amore tradito quello degli ex coniugi, ma  amor proprio ferito, ego frustrato,  immagine sociale scalfita. Certuni  sembrano  esistere  per consumare il loro piatto freddo fatto di ripicche velenose,  esposti ai carabinieri e  calunnie di ogni tipo nei confronti del partner, del tutto dimentichi dell’effetto che questi agiti  studiati a tavolino  e  spacciate per  tutela dei figli,  avranno  proprio su questi ultimi.  Una vera e propria ragione di vita malgrado i nuovi legami  subentrati,  che non alleviano l’astio, né conferiscono serenità.  Analogamente  il mal di vivere  invade  la prole, strattonata di qua e di là, sottoposta a perizie, visite, audizioni di magistrati ed esperti vari. Bambini da vivisezionare per riempire esposti ai carabinieri  e comparse degli avvocati, talvolta complici e non mediatori. Un infanticidio a goccia lenta, perpetrato da chi ha generato quei figli. Un obbrobrio della natura, un sinistro dietrofront   dell’istinto all’accudimento.

 

L’aggravante  del ceto  elevato conferisce a questi sabotaggi del buon senso  un significato di ancestrale distruttività,  che è senza  tempo e non risparmia neppure i cervelli teoricamente più attrezzati.  Spesso  queste diatribe hanno come motivazione anche  la divisioni dei beni, l’assegno di mantenimento e tutto ciò che garantisca il futuro di ognuno,  senza minimamente considerare il passato ed il presente, che ha il volto dei figli. Subito proiettati verso i  propri interessi, questi adulti di alto lignaggio ,  si riducono ad   emuli del conte Ugolino, indifferenti ad ogni richiamo di parenti, amici e degli stessi consulenti che non intendono cavalcare l’onda del singolar tenzone.

 

I veri giudici nel tempo saranno gli stessi  figli e questa  cambiale  inevitabilmente andrà in scadenza. I figli prima o poi valuteranno chi  ha loro fatto male  e   chi li ha amati oltre il proprio interesse , senza la manipolazione  tipica dei genitori – bancomat  che credono che tutto possa essere comprato,  amore dei figli compreso.

 

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