Psiche e figli d’arte

di R.Cafiso da  LA SICILIA 5.6.15

   I FIGLI D’ARTE E LA LORO SCALATA ZAVORRATA VERSO IL SUCCESSO

 

I figli d’arte  hanno un doppio fardello sulle spalle. Quello di fare la  propria  carriera e quello di  andare oltre gli inevitabili raffronti col genitore, se noto o stimato nella  stessa  attività o professione . Compito gravoso, perché  nell’immaginario collettivo  talvolta  malevolo,    essi occupano una data posizione  in quanto   “figli di  ….”   e a meno che non siano davvero inetti e  messi lì  senza merito, ciò   gli   metterà    addosso una costante  carica di stress,   per la quale il loro cammino sarà sempre  più arduo dei  colleghi  con un cognome qualsiasi.

 

Nelle università, nel giornalismo, nell’imprenditoria,  nello sport,   in politica,  ma non solo,  il passaggio del  testimone da padre in figlio è stato ed è frequente. Pregiudizi variegati  sovente accompagnano queste new entry nella scena pubblica. Minacciata è l’identità del rampollo,   che deve fare i conti  gli con gli inevitabili paragoni, così come succede ancora a scuola con il fratello minore che ripercorre anni dopo  le stesse sezioni del primogenito, stimato e osannato dall’identico corpo docente.  Raffronti  e pesature  non di rado insopportabili.

 

La scomodità di queste posizioni ha non pochi risvolti conflittuali. Ma non soltanto nel processo di auto rappresentazione e di identità personale , ma nell’ambivalenza   col genitore, reo di una carriera brillante, mai domo ed  a volte ancora  sulla cresta dell’onda. In una parola presenza scomoda, da  ridimensionare ed  esorcizzare.  Sarà  decisivo  Il buon  senso del padre  per  consentire ancora una volta al figlio  i suoi spazi, senza ingombrargli oltremisura  la vita, non incidendo  sulla sua carriera,  frutto  dell’impegno e dei sacrifici  del giovane. Sarà  questo atteggiamento  Il solo modo per non rendersi  inviso  al figlio.

 

D’altra parte non è pensabile che un giovane solo perché con un cognome illustre non possa avere pari opportunità rispetto a chiunque. In tal caso assisteremmo allo scenario più paradossale. Quello dello svantaggio anziché dell’apparente vantaggio professionale.  Qui ci vuole tempra e capacità di sacrificarsi del giovane, facendo gavetta e percorrendo tutte le tappe col sorriso sulle labbra. Avere  tolleranza  alle  malevolenze ed  agli ostacoli più ardui frapposti ad hoc nel loro percorso.  Suderanno di più per  dimostrare il  proprio   valore, per  legittimarlo oltre  l’anagrafica sul documento di identità.

 

Tema ancora più  delicato è quello dei figli degli eroi nazionali , servitori dello Stato uccisi nell’espletamento del proprio dovere. Eletti o nominati, si portano addosso  un’eredità ancora più scomoda,  per la quale da un lato rimpiangere  il genitore martire, dall’altro talvolta maledirlo  per aver segnato  indelebilmente il loro  destino, tra celebrazioni,  allusioni  e continue  citazioni ove è pregnante   la luce riflessa del prode  genitore   sempre viva nell’opinione pubblica.  Un modo assai   scomodo e doloroso  di vivere i propri sentimenti coniugandoli con la propria carriera.

 

Malgrado tutto  ciò  capiterà che   i meriti personali  di questi figli d’arte si farà strada  autonomamente.  Saranno  famosi  comunque   e troveranno una loro dimensione di successo  e stima  sociale  a prescindere dal loro cognome. Talvolta la grandezza di un padre , il suo esempio in vita,   potrà apparire  insormontabile. Ma non ci sono giganti e nani. Anche perché questi ultimi, inevitabilmente sulle spalle dei primi, sono  destinati a vedere più in là di chiunque altro, pagando  questa opportunità   con una posizione di equilibrio difficile  per il resto della vita. Per tutto ciò  questi figli  dovranno imparare la   resilienza , accorgendosi  prima o poi  di saper brillare di luce propria.

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