Psiche e genetica
ROBERTO CAFISO
Genetica ed ambiente sono sorella e fratello e la vecchia concezione di due entità a compartimenti, in antitesi tra loro, ha ormai lasciato il posto alla certezza che l’una e l’altro si influenzano e si plasmano reciprocamente, tramandando geni che non sono assiomi assoluti, ma che a loro volta sono il frutto di precedenti stili di vita plasmatisi e poi consolidatisi. Insomma nessun “ergastolo di destino” per gli esseri umani e perciò pochi pretesti per chi vuole invocare la fatalità del divenire umano.
La predisposizione non è mai predestinazione ed alcuni tratti temperamentali o di struttura d’organo, alla luce di molti studi scientifici, non è affatto scontato che dovranno prendere la strada della ineluttabilità ad orologeria. Dipenderà molto da noi in altre parole, dallo stile di vita che condurremo e dai fattori di rischio che decideremo o meno di ignorare , oppure di conoscere e monitorare .
E’ la storia anche di James Fallon, 58enne neuroscienziato californiano che studiando il cervello di diversi serial killer e mettendo in correlazione la morfologia di alcune loro strutture anatomico – cerebrali e le tendenze all’agire in senso psicopatologico, fa un’imbarazzante scoperta. Mentre, ad un tempo, conduceva studi sull’Alzheimer, scannerizzando il proprio cervello e quello di alcuni familiari scopre l’analogia tra il suo e quello dei serial killer. Scarsa attività di talune aree frontali e temporali legate all’empatia ed all’autocontrollo.
Da vero scienziato però non nasconde la scoperta, anzi la rende nota pubblicandola, consapevole di non aver mai ucciso o stuprato nessuno. Andando indietro nel proprio albero genealogico tuttavia egli scopre degli assassini tra i suoi consanguinei ed uno in particolare condannato a morte a fine ottocento per il duplice omicidio di padre e matrigna massacrati con un’accetta. A questo punto si fa esaminare e sottoporre a test psicologici, ben consapevole a quel punto di avere tratti assonanti con la scoperta fatta attraverso le neuro immagini.
Fallon in particolare deve ammettere di avere un temperamento alquanto sgradevole, competitivo sino a non lasciare mai vincere i figli quando giocava con loro, risoluto e ruvido . Insomma un caratteraccio. Ma solo quello , e sino a 58 anni, età in cui comunque gli agiti delle personalità antisociali sfumano naturalmente. In altre parole non tutti gli psicopatici sottosoglia o sintomatici diventeranno delinquenti o assassini. Cosa gioca da fattore pro o contro ? La famiglia e l’ambiente. Proprio così : gli apprendimenti acquisiti.
Parlando al programma televisivo Today, il Prof Fallon ha detto: “Non si può dire semplicemente guardando le scansioni o la genetica se sono un assassino o uno psicopatico. Ma si può vedere che queste caratteristiche andranno a stimolare tendenze coerenti con questi tratti” . Gli agiti sono altra cosa e richiamano al concetto di arbitrio. In ogni condizione di pressione endogena, in altre parole, c’è sempre un lasso di tempo, fosse anche una manciata di secondi, in cui un individuo può dare libera espressione alla tendenza oppure no. I programmi riabilitativi a qualsiasi livello dovrebbero funzionare in questa direzione :porre gli individui patologici in condizione di scegliere, di dominare un impulso, con strategie adattive e contenitive che soltanto l’allenamento delle funzioni superiori del cervello può consentire. Non l’automatismo inevitabile stimolo > risposta , ma la possibilità di poter dire si o no all’input attraverso una qualsiasi forma di valutazione dello stimolo stesso.
Questa è la differenza che c’è tra un uomo libero o consapevole ed un altro preda di istinti dove la capacità decisionale non ha avuto alcuna possibilità di svilupparsi. Genetica ed apprendimento o si armonizzano o avremo vite sbagliate, frutto di quell’alibi deresponsabilizzante e un po’ vile che chiamiamo destino ”