Psiche e i procrastinatori
ROBERTO CAFISO da LA SICILIA DEL 13.3.15
QUELLI CHE RIMANDANO PER PAURADI DECIDERE E CONFIDANO NEL TEMPO….
Più che abili affabulatori sono spaventati. Timorosi di assumersi responsabilità, pur avendo cercato ed ottenuto incarichi di responsabilità e persuasi che il tempo risolve molti problemi senza dover fare nulla. Basta aspettare insomma. Come in un setaccio nel quale restano solo i pezzi più cospicui, mentre cadono giù quelli minuscoli. Così trattano i problemi. Perché l’iniziativa li terrorizza e la procrastinazione, tipica di chi si imballa di fronte alle scelte , li rassicura, secondo l’adagio domani si vedrà …
Sono persone che hanno voluto la bicicletta, ma pedalare li affatica e perciò evitano decisioni, che per mandato (e remunerazione ) sono di loro competenza. Le evitano per non incorrere in errori, magari reati , contestazioni ed afflizioni. Trascurano tuttavia la posizione di garanzia tipica di chi è chiamato ad evitare guai, perché il non evitarli, per il codice penale, può equivalere a cagionarli. La rimuovono, perché si sentono stretti da vincoli e norme che inibiscono azioni che altre invece sollecitano, in un sistema dove, come si suol ripetere, la mano destra non sa ciò che fa quella sinistra. Ma tutto ciò non li assolve comunque.
L’autoinganno che mettono in atto è la delicatezza, la temerarietà, insomma le conseguenze di ogni decisione che viene sollecitata loro. Non potendo controllare tutte le variabili ( reali e presunte ) che interverrebbero nella loro scelta, preferiscono non scegliere ed aspettare “tempi migliori”, in attesa,magari, che qualcun altro tracci la strada e che per primo si esponga. Così facendo paralizzano la macchina affidatagli, accumulando ritardi e ribaltando su altri il mal funzionamento della stessa. Una sorta di ricerca del colpevole che li scagioni, quasi non fossero loro stessi i deputati a farla procedere quella macchina.
La tattica usata è sommergere il richiedente dei propri problemi nel ruolo e dei relativi vissuti personali. Con il pretesto di essere trasparenti, leali e schietti. All’interlocutore che richiede un intervento per la soluzione di problemi costoro rispondono scaricandogli addosso una serie di urgenze e obblighi a cui devono sottostare. Risultato : spostano il tema tentando di sensibilizzare l’altro che a quel punto dimentica la questione prospettata, perché annegato tra le difficoltà, i dubbi e le controindicazioni ad agire da parte di chi dovrebbe. Il tutto in un clima surreale di cordialità e di supplica di comprensione . Ma di fatto è la stasi a farla da padrone,figlia di un’indecisione perniciosa e talvolta un po’ pavida.
E così che molti pavidi si travestono da prudenti e i procrastinatori d’indole per oculati gestori. Quando un padre di fronte all’evidente tracollo comportamentale di un figlio prende tempo, alla ricerca di chissà quale miracolo, non sta vagliando con oculatezza il da farsi, sta concorrendo a rovinare il figlio. Non si possono invocare i favore degli dei per decidere o consultare la Sibilla prima di scegliere una strada. Non in questa era. E’ vero che per le decisioni importanti occorre prendersi del tempo, ma non c’è “tutto il tempo” per talune scadenze. Perché a volte è meglio sbagliare che paralizzarsi. Dallo sbaglio ci si può sempre correggere e andare avanti. Di una stasi timorosa si resta solo imprigionati, privi di prospettive.
E’ vero che uno se il coraggio non ce l’ha non se lo può dare, ma coerentemente a ciò Don Abbondio non azzardava voli pindarici, accettando una dimensione esistenziale al riparo da fastidi di qualsiasi tipo. Per questo per non nuocere il segreto sta nell’accettarsi e non dilatare il gap tra aspettative e reali possibilità. I salti in avanti a questo livello producono solo disfunzioni del sistema e stress per i decisori indecisi.