Psiche e il Natale
ROBERTO CAFISO
DA LA SICILIA DEL 18 .12.15
LA GIOIA FORZATA DELLE FESTE DI CHI NON STA BENE DENTRO
Il terrore delle festività come ogni anno colpisce molte persone o perché ingrovigliate interiormente ed incapaci perciò di festeggiare qualcosa o perché sole oltre la folla che le circonda. I giorni rossi sul calendario in rapida successione, i “ponti” dove la tv predice milioni di persone in vacanza, possono rendere insopportabile il mese di dicembre e la prima decade di gennaio. E’ il periodo in cui molte cose, persino gli interventi chirurgici, si rimandano a “dopo le feste”, una sorta di incantesimo temporale in cui tutto si congela, si rimanda, costringendo la gente a vivere dentro una dimensione virtuale di musiche sacre e no, babbi natali, alberi bardati, slitte sulla neve, regali , botti e champagne.
Non sempre è chiaro se il clima festaiolo nel quale i più vengono rapiti sia salvifico perché spezza gli affanni quotidiani o non costituisca un ulteriore versante depressivo per le incombenze emotive che esso comporta. Per prima cosa le conviviali, i veglioni, la scelta di abiti e menu, gli incontri ravvicinati con parenti ed amici poco frequentati, ma che a Natale e adiacenze vanno abbracciati e baciati con un afflato da finction tv. Poi i sorrisi forzosi, la gioia di cartapesta come i presepi tirati fuori della scatolone ed i gesti automatici di persone che in realtà hanno il cuore imprigionato ed il cervello affollato d’altro. Quando si sta male e si deve star bene a tutti i costi si riesce a star peggio.
C’è chi pensa a chi non c’è più o ad un nodo importante che dovrà sciogliersi dopo le feste. C’è chi soffre per problemi economici o di salute e c’è chi per indole è un solitario e non ama ritrovarsi tra tanta gente. E c’è pure chi è assorto dentro una dimensione non condivisibile ; chi ha dentro casa l’inferno per un figlio guasto o per rapporti familiari improntati sull’incomprensione più sorda. Costoro fanno sforzi immani e si mortificano quando qualcuno, appena a conoscenza di questi affanni, dice loro : non ci pensare, intanto fatti il Natale …., che è come dire a chi si è conficcato un chiodo nel tallone : festeggia per ora, poi lo si estrarrà.
Esseri umani che vorrebbero stare in solitudine a confortarsi tra sé e sé, proprio mentre impazza la moltitudine ed i greggi imbottigliati nel traffico a cercare un parcheggio per lo shopping. Una dimensione ipnoide che prende e frastorna i più e che fa sembrare strani o misantropi coloro che invece continuano a restare svegli e consapevoli. Chi è solo a Natale si sente ancora più solo per la rifrazione di stati d’animo incompatibili . I tossicodipendenti, gli alcolisti, i malati mentali vivono male le feste e frequentemente si aggravano in questo periodo.
Qualcuno degli allergici alle festività con copione già scritto a volte viene graziato dall’influenza stagionale, vera o di comodo, che esonera dalle partecipazioni agli inviti con sorriso fisso, spalancato sul volto. Ma per lo più ciò che può essere davvero utile è un esercizio mentale da ricordare. Pensare che anche quei giorni passeranno, che si può fare buon viso a cattivo gioco con il minimo dell’impegno interattivo ( tanto i convenuti si faranno comunque compagnia ) , e che si possono selezionare alcune occasioni e non tutte per “superare” il periodo festivo. Tra un impegno e l’altro si può riflettere sulla portata reale dei problemi che ci pesano, all’importanza non che essi hanno di per sé, ma a quella che noi gli attribuiamo. E persino - per chi proprio non ce la fa - a dire semplicemente la verità: “Non ho lo spirito giusto, scusate ma quest’anno dovrete fare a meno di me”. Ci vuole del coraggio, è vero . Ma esso può evitare di far sprofondare nello scoramento coloro che vorrebbero addormentarsi ora e svegliarsi il 10 gennaio. Perché per misantropi che costoro possano essere considerati, Natale è dintorni dovrebbe essere solo un periodo sobrio, spirituale e non affollato, condiviso con chi si ha davvero piacere di vedere. Così semplicemente, con meno affanni e doverizzazioni sul tanto temuto giudizio della gente perché “così fan tutti”.