Psiche e la capacità di amare
Da LA SICILIA del 14.11.214
LA CAPACITA’ DI AMARE / ROBERTO CAFISO
Nei rapporti amorosi si fa più confusione a capirsi che in molte altre relazioni . Perché al di là delle intese magiche o magnetiche, dopo un po’ c’è la necessità di concordare , accettare e proseguire. Oppure rassegnarsi all’idea del fuoco di paglia, alla delusione di un grande investimento emotivo su una persona sbagliata. Nulla è definitivo nella nostra vita, è vero. Ma certe storie che non vanno mai oltre l’esordio rivelano l’incapacità di evolversi in una vera reciprocità.
Ognuno sa amare per come gli è possibile. La storia personale di ognuno predice una grande, media o rachitica capacità di dare. E’ chiamato comunque amore, ma spesso è altro. Nelle discussioni tra coppie più o meno infervorate dal significato attribuito alla parola, l’amore è tormento. In esso convivono passione, esclusività, possessività, gelosia, ansia e tanto altro. Si tratta, in questi casi, di un amore per lo più autoreferenziale. Ti amo perché “ ti sento mio”. Oppure “sei tutto per me”.
Dall’altra parte questa dirompente frenesia prima lusinga, poi stanca. Ci si vuol sentire amati , eppure sentirsi liberi di scegliere di amare. Da lì si possono scaturire litigi, discussioni infinite, talvolta persino violenze, centrate su circostanze e particolari secondari, irrisori. Dialettiche estenuanti e già ripetute, dove ognuno giura di amare l’altro, mentre questi non lo avverte, sentendosi ora pressato, ora colpevolizzato, ora calpestato persino.
Il concetto su cui bisognerebbe mettersi d’accordo in fondo è semplice e tuttavia proprio per la sua essenzialità difficile da accettare. Conta ciò che provo per te o quello che ti arriva ? E’ decisivo quello che giuro di sentire per te, oppure quello che riesci a sentire tu ? Discrasie che dopo un po’ mettono in crisi una coppia e la sfasciano . L’amore concettualmente è il superamento del soliloquio affettivo. E’ quella fetta di auto sostentamento emozionale che mi viene a mancare perchè rinuncio a parte dei miei bisogni e per il partner che - a sua volta – rinunciando a qualcosa di sé, si spende e dà a me. Un processo di mutuo scambio, dove ognuno si occupa dell’altro, tenendo a bada il proprio narcisismo innato.
Questo mette in mora il convincimento che esista un solo modo di amare : Il mio. E che il non adeguarvisi implica disamore o una reciprocità sbilanciata. Si dovrebbe tuttavia amare preoccupandosi non solo di provare noi delle cose, ma di suscitarle nell’altro. Perché ciò che mi dà gioia o certezza non è detto debba darla al partner. Duro da digerire, ma il solo modo per non scivolare nel risentimento e nell’assolutistico convincimento che pur “ facendomi in quattro” per l’altro, io non venga apprezzato. Incomunicabilità frutto del pervicace rifiuto di mettersi in discussione, altro requisito fondante del concetto di amore.
Ovviamente tutto ciò sostanzia l’amore a due, ma vale meno per altri tipi di sentimenti che nascono dal cuore. Vi sono amori dedicati ed abnegati, dove il dare e l’avere sono sbilanciati per definizione. Nell’essere genitori o nel fare volontariato non ci si può aspettare la ricompensa al nostro sacrificio. Ma nei rapporti a due l’architettura del menage dopo l’innamoramento presupporrà un equilibrio tra “entrate” ed “uscite”. I bilanci in rosso possono essere risanati una, due o più volte. Ma alla fine c’è sempre il fallimento del patto a due. E non avrà più molto peso la bellezza, il fascino, le promesse , i regali, i beni comuni, le doverizzazioni morali. Chi sa e vuole amare si aspetta di essere ricambiato. Senza dogmi, stando bene con l’altro. Non c’è altro metro che questo, al di là dei ragionamenti contorti e dal fiato corto che talvolta si intraprendono per sostenere l’insostenibile.