Psiche e la finestra sul cortile
Roberto Cafiso
QUELLI CHE PUNTANO IL DITO AFFACCIATI ALLA FINESTRA ….
C’è chi ha una propria vita, c’è chi vive quella degli altri. Sembra un azzardo ma capita che non poca gente trascorra la propria esistenza affacciata ad una finestra sul cortile scambiato per il mondo ad osservare abitudini, stili di vita e comportamenti del prossimo, senza un barlume di protagonismo che renda la propria esistenza degna di senso.
Sono i saprofiti del genere umano, un po’ pettegoli e molto invidiosi : interpretano la realtà come un ring dove poter essere solo spettatori e pur non avendo pagato alcun biglietto, avere il diritto di giudicare, pontificare, fare inferenze sugli altri, magari sulla scorta di indizi, sentiti dire, impressioni. Il loro sport preferito è difatti mettersi comodi in pantofole e processare tutto e tutti.
Di norma le persone si legittimano agendo, rischiando, sbagliando. E’ il sapore della vita, tra tentativi, disavventure e speranze. Un incedere a volte incerto, costellato da passi falsi, progetti interrotti e non andati a fine. Esistere vuol dire fare, esserci, avvertire gioia e tristezza, provare dolore ed assumersi i costi delle proprie azioni col carico delle responsabilità conseguenti.
Altri invece no, temono di vivere rischiando ed allora abdicano alla vita, impauriti e sfiduciati, non trovando di meglio che esistere attraverso amici e conoscenti. Ad un certo punto non hanno neppure voglia di essere felici, si consolano nel sopravvivere e purtroppo a volte si rassicurano nei guai altrui. Come dire : non è necessario che io vinca alla lotteria, mi basta che non vinca tu …
Rinunciano se possono ad ogni forma di confronto, definendosi miti e prudenti. Ma è la codardia a fare capolino dalla loro cautela. Non vogliono assolutamente mettersi in gioco, parlano a malapena di se stessi, ma sono prontissimi a tuffarsi negli affari altrui, mostrando una sorprendente versatilità a pontificare sui problemi, purché altrui. E da qui prendono forma le loro teorie sul tutto, pur senza mai poter citare un’esperienza personale al riguardo.
Una vita povera e sbiadita che si accende solo quando possono interessarsi a quella di qualcun altro, il solo modo di vivere al riparo apparente di affanni, tensioni e conflitti che tuttavia, non risparmiando nessuno, non potranno prima o poi evitare, facendosi trovare a quel punto impreparati. Nessun allenamento esperienziale per interposta persona può rimpiazzare l’esperienza diretta che è il fattore evolutivo dell ‘ esistenza.
Ognuno vive come può, è chiaro . Ma questo esclude che ciascuno possa scegliere il proprio modo di vivere. La scelta presuppone sempre più di un’opzione e gli spettatori delle vite altrui possono solo vivere dietro i vetri di quella finestra, soli e spesso pieni di invidia e livore per ciò che gli altri riescono a fare disinteressati del giudizio altrui. E’ questo che spesso li mortifica e li fa arrabbiare. Perché c’è chi fa e c’è chi teorizza sul fare, ponendosi da giudice sul fare altrui. Guai a prendersela, perché l’infelicità interiore ha molte facce mai mostrate ma che, come incubi, vengono fuori quando ciascuno di noi resta un attimo solo con se stesso. E’ allora che si materializza la pochezza del nostro essere. Ed è allora che vorremmo versare lacrime salvifiche, se non temessimo lo star male che evitiamo anche a costo di star peggio, sempre col binocolo in mano , affacciati alla finestra.