Psiche e la scuola
PSICHE & SOCIETA’ di Roberto Cafiso da LA SICILIA del 13.2.17
LA SCUOLA VITUPERATA DOVE AI PROF. SI CHIEDE TROPPO PER NON DARGLI NULLA
Un tempo si chiamava agenzia educativa, che strideva un po’ col significato e con la vera mission della Scuola. Agenzia dava l’idea del presidio territoriale delle Entrate o di un’Assicurazione. Il termine è via via passato di moda, specie perché includeva anche la famiglia, che su questo piano ha ben poco di un’agenzia. La “Buona Scuola” è oggi la palestra degli apprendimenti ? Della relazione ? Dell’innovazione culturale ? Domande non retoriche, perché con una delega totale proprio della famiglia, la Scuola è rimasta il solo baluardo per la formazione di un giovane nelle età in cui si evolvono cervello e comportamento. E dove si affacciano l’etica, la solidarietà, la responsabilità e la capacità di pianificare il futuro prendendo decisioni. Sulla Scuola sono state caricate le emergenze educative, inclusi i problemi di salute e le disfunzioni dei ragazzi.
Un “compito in classe” molto oneroso per l’Istruzione pubblica, lasciata troppo sola nell’architettura della società di domani. Con la famiglia spesso in singolar tenzone, tramite proteste, denunzie e non ultime le aggressioni ai docenti ( oltre a quelle degli alunni) , colpevoli di aver valutato insufficiente il rendimento di un figlio. Non bastano ai prof. i 500 euro che lo Stato elargisce per il tablet o altri benefit. Perché se tutto si risolvesse così saremmo in piena notte con un cielo senza stelle. Gli insegnanti in verità a volte sono degli eroi, muniti solo del proprio senso di responsabilità. Il resto manca: dalle aule vivibili, ai termosifoni e sino alla carta igienica e quella per le fotocopie, portate da casa . Ma il compito è gravoso anche per altro. Le generazioni che siedono sui banchi sono difficili, fragili e pretenziose assieme. Non hanno uno spiccato senso del rispetto per gli adulti, si avvertono simmetrici con chiunque e spesso si alterano nei modi più in voga oggi, esacerbando i propri atteggiamenti e risultando di fatto imprendibili. Il frutto di un inveterato permissivismo familiare e sociale in voga già da molti lustri.
Alla Scuola è chiesto di calmierare i più intolleranti, di dar loro una formazione, di gestire le intemperanze fornendo ai ragazzi strumenti per il problem solving e per affrontare le sconfitte. Di imparare l’italiano ( oggi quasi una “lingua straniera” ), di relazionarsi proficuamente col proprio prossimo, di promuovere stili di vita sani vigilare su chi usa droghe ed alcol, di fare diagnosi per i rischi suicidari , di promuoverli quasi tutti, senza caricarli di compiti a casa. Ma la Scuola può assolvere da sola a questa funzione immaginifica ed irrealistica ? Di certo no. Caricare i docenti di queste responsabilità vuol dire procurar loro precocemente il burnout, la disaffezione per la cattedra, minando l’autostima professionale. La Scuola è stata lasciata sola in una missione impossibile, perché i docenti non hanno una formazione personale tanto ampia e specialistica e la didattica non riesce a contemplare tutte le istanze con le quali un insegnante ogni giorno impatta, con gli ostacoli spesso frapposti dagli stessi genitori che occultano i problemi o li minimizzano. Come una caccia al tesoro dove le difficoltà sono indice di perspicacia e bravura del partecipante al gioco.
Ma l’educazione purtroppo non è un gioco, non lascia troppe alternative. Senza un lavoro concentrico sull’evolutività le generazioni sono lasciate al caso. E non si dovrebbe scommettere su un ragazzo lanciando i dadi in aria. Un ragazzo è il futuro, un pezzo della collettività di domani. E quella di oggi è il frutto delle stesse inadempienze di vent’anni fa. La Scuola ha bisogno di un’alleanza reale con le famiglie, la collaborazione stabile delle Aziende Sanitarie e delle Università. Dello Stato tutto, che assicuri che dentro i plessi scolastici siano in vigore le stesse leggi della nazione. Perché spesso, complice l’allargamento di braccia di qualche dirigente scolastico, certi Istituti sono “città – stato” con una serie di norme non scritte contraddittorie, che modelleranno molti ragazzi verso direzioni esistenziali fallimentari. Formare gli adulti per formare i ragazzi. Non c’è altra parola d’ordine. E supportare i processi da più parti. Il resto, dalle gite agli spettacoli o alle recite di Natale, è un irritante fumo negli occhi.