Psiche e linguaggio interno

PSICHE & SOCIETA’ di Roberto Cafiso da LA SICILIA del 6.5.16

QUEI NON DETTI CHE PARLANO QUANTO IL LINGUAGGIO ESPLICITO

( lettura non consigliata a chi oggi non ha voglia di riflettere )

La lingua italiana contiene oltre  250 mila parole. Se le incrociamo  con i 100 miliardi di neuroni e le connessioni che da esse ne possono derivare, intuiamo che le possibilità espressive e di concettualizzazione  di un cervello compiuto e  dotato di una discreta cultura sono sterminate. Per lo più la lingua nativa, quella che utilizziamo abitualmente, è capacità di ragionare. Perché ci dà modo di esprimere idee, descrivere situazioni esterne o stati d’animo  che rendono accurato ed esplicito il nostro agire. Quando ci esprimiamo con chiarezza e ci facciamo capire viviamo meglio e capiamo di poter padroneggiare le  situazioni della vita. E questo ci  induce sicurezza e  benessere.

Viceversa il disagio espressivo, la carenza di vocaboli e la difficoltà a generalizzare e mutuare  per analogia, utilizzando al meglio la neuro plasticità di cui il cervello è dotato, rende gli individui più incapaci di relazionarsi e spesso li fa diventare impulsivi o aggressivi.  Chi sa  riflettere  sa anche ragionare  e lo fa  utilizzando  i vocaboli del linguaggio abituale. Che  è il solo modo per elaborare proposizioni sintattiche  in grado di  affrontare i  problemi della vita.

Tuttavia vi sono stati d’animo o moti viscerali, che nascono nel sistema limbico, la parte più arcaica del nostro cervello, che talvolta non riuscendo a tradursi attraverso un’elaborazione ideica, permangono  allo stato di  reazioni incomprensibili,  espressioni psicosomatiche, alterazioni dell’equilibrio omeostatico  che è una meta adattiva  che l’organismo persegue spontaneamente. Altre volte le emozioni si traducono in sentimenti che non sempre seguono il copione culturale che prevede dei repertori condivisi. L’amicizia ha i suoi canoni  oltrepassati i quali   si accede ad   una relazione più intima. Questa a sua volta andando oltre potrà prevedere un’attrazione  emotiva e fisica. E da qui si può arrivare ad un rapporto a due le cui regole divergono  da quelle dell’iniziale rapporto amicale.

Da due amici, secondo schemi culturali tradizionali, non ci si aspetta uno scivolamento  sessuale. O se capita quel rapporto è diventato altro, tranne ad avere la capacità ad entrare ed uscire dal  “file sociale”  che connota le due opzioni  senza eccessivi contraccolpi. Non è semplice perché sui nostri comportamenti gravitano regole non scritte di tipo  sociale,  morale  e religioso di cui da bambini, chi più e chi meno, si è stati impregnati.

Altre volte ancora, viviamo stati d’animo interiori che non riusciamo ad inquadrare noi stessi nei repertori  accettati. Moti interiori che non hanno trovato una collocazione chiara, che ci confondono e che tuttavia non riusciamo a rintuzzare,  perché non “entrano” negli schemi abituali e tuttavia sono intensi e irrinunciabili. Dicono o meglio suggeriscono qualcosa che non ha finalità o mete comunemente utilitaristiche. Sono ad esempio innamoramenti o attrazioni verso persone improbabili  e da raggiungere, situazioni che complicherebbero di parecchio la nostra vita.

Certi  stati emotivi  che affondano   in un terreno di un sentire intraducibile   possono  sovrastare  il sistema comunicativo tradizionale. Essi  non trovano espressioni  esaustive, creano un travaglio interiore e tolgono la fame ed il sonno e ci fanno disperare perché non sappiamo collocarli  in nulla di definito. Essere colti da qualcuno vuol dire aver trasmesso per altre vie ciò che non riusciremmo mai a comunicare   con gli strumenti tradizionali. Quando i moti ondosi dell’animo si agitano solo altri stati d’animo analoghi possono ascoltare, attraverso la simpatia e l’empatia, funzioni straordinarie degli esseri umani con le quali ci si intende con gli occhi, la mimica, le contrazioni, la postura, la conduzione epidermica di energia e i non detti che  parlano tanto quanto il linguaggio esplicito.

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