Psiche e meglio uovo oggi
PSICHE & SOCIETA’ Roberto Cafiso da LA SICILIA del 6.6.16
QUELLO CHE CI PIACE SPESSO NON CI FA BENE
Non sempre quello che ci piace ci è utile. Le tradizioni popolari lo hanno da sempre ribadito con detti quali: chi ti fa piangere ti fa ridere ; l’erba voglio non cresce neppure nel giardino del re, ovvero non è tutto oro ciò che luce e via dicendo. Insomma l’esperienza ci ha insegnato e tramandato che l’effimero non rende felici. E per effimero si intende il desiderio di qualcosa a qualsiasi costo purché subito.
Il nostro cervello al riguardo ci auto protegge e ci ammonisce : la ricompensa cerebrale segue un percorso ascensionale, ma ad un certo punto , raggiunto un tetto fisiologico soggettivo, essa diventa necessità e dunque il piacere cambia volto è si trasforma in sofferenza. E’ il processo dell’assunzione di droghe multi tipo , dei siti neuronali che esse occupano e dei fenomeni di tolleranza e dipendenza che ad essi si accompagnano. Quando si è giovani questo concetto sfugge. Spesso per modelli educativi poco esplicativi , consumistici o buonisti . Ovviamente non capita solo ai giovani, anche se questi sono più esposti ed hanno meno strumenti cognitivi, anche perché il loro sistema nervoso è in evoluzione ed è preponderante la parte più impulsiva, quella che si riferisce al “qui ed ora” , senza un adeguato calcolo delle conseguenze.
Non è soltanto una questione di età cronologica, ma soprattutto di età psicologica o se volete di maturità che neppure a cinquant’anni si può dire raggiunta per definizione. Vi sono molte persone che tendono a cacciarsi nei guai, non di rado sempre gli stessi, perché incapaci di trarre insegnamenti dall’esperienza così da pianificare percorsi comportamentali diversi e più adattivi.
Ciò che attrae raramente è quello che ci serve di più. Ed è vero anche l’inverso. Ciò che è faticoso, impegnativo e talvolta doloroso, ci dà poi grandi gratificazioni nel tempo. Si pensi allo studio, all’allevare un bimbo, allo scegliere un partner oltre l’attrazione fisica. In tanti spaccati esistenziali si può toccare con mano come certi traguardi non possono essere raggiunti con la ricerca del piacere a tutti i costi. Il benessere nelle situazioni organizzate e affrontate con costanza sfuma in serenità ed autostima. Non ha i picchi dopaminergici tipici del piacere intenso, ma dura di più e riesce a permeare un benessere più duraturo e stabilizzante e dunque nel medio e lungo termine più proficuo.
Il nostro cervello e dunque la nostra natura è programmato per risolvere questioni ed avere alla fine una ricompensa. L’apprendimento ed i suoi percorsi rispondono al principio impegno uguale premio. Diversamente la ricerca del piacere diventa voluttuaria e compulsiva e non addestra ad affrontare e problemi di fronte ai quali difatti si fugge e si ricorre a forme di auto gratificazione chimica. Non sopportare il dolore, a qualsiasi livello, è una variabile di questo modello che rifugge l’impegno e la meta alla fine di esso. L’albero della cuccagna ed i suoi frutti presupponevano l’arrampicamento sino alla sommità. Certo, ci si può arrivare in cima anche con una scala alta quanto l’albero . Ma cambierebbe la qualità dell’ esistenza che al di là delle apparenze diverrebbe più infelice oltre l’attimo fuggente.