Psiche e paura di invecchiare
PSICHE & SOCIETA’ di RONERTO CAFISO da LA SICILIA del 15.5.15
LA NOSTALGIA DEL PASSATO NEGA L’ETA’ D’ORO CHE DEVE ANCORA ARRIVARE
La vecchiaia nell’era della giovinezza a tutti i costi pare una iattura. Guai a parlarne, si rischia di sentirsi rispondere banalità e luoghi comuni come : l’età è quella che si dimostra ; le persone sono come il buon vino, più invecchiano …. , oppure si vedono uomini e donne ben oltre gli “anta” aggrappati alle diete ed allo sport compulsivo. Un’attività fisica vissuta a volte come esigenza spasmodica, che spesso può fare più male che il non farne. Di mezzo massaggi, infiltrazioni sui “punti critici” , tinture per i capelli ed un abbigliamento sportivo in linea coi trend più modaioli. Lampade primaverili e alghe antiossidanti completano il quadro. Parola d’ordine : non invecchiare ed essere “tecnicamente immortali”, come un noto farmacologo anni fa definì un leader politico immarcescibile.
La paura è la morte. Si muore – si pensa - perché si invecchia. E talvolta male, oppure precocemente. A pensarci meglio le cose non stanno esattamente così. Si invecchia in verità per morire, perché questa è la curva naturale della vita. L’errore è quella di negare gli inevitabili acciacchi da usura di ossa, muscoli ed organi. In fondo il corpo umano, come una macchina, è soggetto ad usura e a dei tagliandi periodici. Certo lo stile di vita, com’è noto, consente di invecchiare in tanti modi. E se è vero che un non eccesso alimentare, piuttosto che autolimitarsi nell’ uso di alcol, tabacco e caffeina può aiutare a conservarsi meglio, è altrettanto dimostrato che neppure questa è una garanzia assoluta di lunga vita. Tant’è che, senza mezzi termini, recenti studi d’oltreoceano hanno dichiarato che ammalarsi o meno di cancro è soprattutto una questione di … fondo schiena. Leggasi struttura genetica assieme ad ambiente sano. Un gran bel ceffone per i discepoli dei prodotti biologici, diete ferree, integratori vitaminici e cultori di discipline orientali.
Al di là di tutto ciò invecchiando si perde la vigoria. Ad ogni livello. E se ad essa non subentra la saggezza, tipica di chi perdendo neuroni ne incrementa le connessioni e dunque i profili percettivi e valutativi della vita, allora la scommessa è persa e l’anziano resta proteso al rifiuto degli anni mimando grotteschi modelli giovanili e negandosi la cura di un variegato orto mentale, che è quello che dà il marchio di qualità alla vita. I più resistenti alla presa d’atto si rifiutano perché per una vita hanno coltivato il culto del sé corporeo e guardandosi allo specchio, malgrado gli sforzi, non sanno come sopperire al fisiologico calo di forza fisica , non avendo mai allenato quei 3 chili di materia cerebrale riposta in un cofanetto posto sul collo. Eppure mantenendo buone funzioni cognitive ed emotive si potrebbe sopperire ad alcuni deficit prestazionali . Macché : bici, palestra, pesi e chili di petto di pollo a settant’anni passati, per tentare ancora di scolpire il proprio fisico in un’impresa tanto vana quanto inutile.
Una delle peggiori condanne per un essere umano è non accettare il proprio tempo, vivendo di rimpianti e nostalgici ricordi. Ogni età ha il suo oro che va setacciato depurandolo dal fango. Ogni singolo istante della nostra esistenza ha un suo perché e si apre ad opportunità. Dal fare al dare : l’assennatezza è l’arma della maturità e più ancora della vecchiaia, oggi comunque supportata da tanti presidi farmacologici e dunque non più l’età dell’attesa del fine vita. Il pensionamento, lungi dal diventare il “ collocamento a riposo” e perciò la stagione dell’inedia , è un’ulteriore opportunità per diversificare impegni e curare nuovi interessi, tenendo il cervello in attività. Il tempo migliore è quello che verrà, mai quello che è stato. Basta saperlo affrontare con curiosità ed aderenza fiduciosa alla realtà, la profetessa più fededegna dell’esistenza.