Psiche e porto d’armi
PSICHE & SOCIETA’ di Roberto Cafiso DA LA SICILIA del 20.3.17
LICENZA DI UCCIDERE IN MANO A TANTI ? I PORTO D’ARMI FACILI E IL RISCHIO SOCIALE
Se si sta facendo avanti la proposta di sottoporre a valutazione psicologica periodica gli insegnanti per evitare violenze ai bambini della materna e delle elementari e dei patentini per tenere i cani, appare oramai irrinunciabile porre l’accento sulla normativa delle armi da fuoco e sull’ idoneità al loro possesso. Diversamente dal modello americano in Italia per la verità le leggi sono esplicite. Il punto è il loro rispetto autentico. Da un lato le lobby imprenditoriali e della caccia, dall’altra la sicurezza della collettività. Il nostro Paese non è mai stato il Far west , ma periodicamente saltano fuori episodi di omicidi per “legittima difesa” di ladri in casa, con relativa spaccatura politica sulla liceità del diventare giustiziere o meno per proteggere persone e beni . Se cioè valga più la proprietà o la vita di un individuo, pur malfattore. Il Paese è spaccato, perché molti sono le tesi, gli argomenti e le relative sfumature. Alla Magistratura, caso per caso, il compito di dipanare la matassa.
Un punto nodale è la visita di idoneità periodica. Se ogni sei anni i detentori di un porto d’armi uso caccia o sportivo vengono sottoposti ad accertamenti esaustivi o se piuttosto tutto si riduce ad una formalità. La visita squisitamente medico – legale spesso in alcune aree della nazione è sbrigativa o poco attenta ai versanti psicologici di reattività o depressione. Inoltre con l’avanzare dell’età fenomeni degenerativi cerebrali possono innestare comportamenti ipomaniacali o persecutori che ad un esame non circostanziato o non specialistico sfuggono all’esaminatore. Un’arma in mano a costoro può costituire un rischio per il detentore, i suoi familiari e la società. E dunque il vaglio non può limitarsi unicamente alla visita oculistica, al certificato del curante e ad un veloce colloquio a vista, giocoforza non approfondito.
I porto d’armi per difesa personale hanno scadenza annuale , perciò si presuppone che chi gira armato per i motivi accertati dal Questore ne abbia adeguati motivi. Ma nel tempo potrebbe non avere l’idoneità psichica o fisica e dunque le commissioni in questi casi dovrebbero essere ancora più oculate , senza lasciare al caso dubbi sull’equilibrio psichico di una persona che con una pistola addosso potrebbe avere una facilità ad estrarla e far fuoco o perché di fronte ad una minaccia, ma anche se preda ad un acting out per i motivi più svariati . Oggi sono frequenti psicopatologie inapparenti ad un occhio non esperto: parliamo dei disturbi di personalità, ove la capacità di manipolazione insita nel quadro clinico può indurre l’esaminatore a valutare come del tutto equilibrato il richiedente, preda invece di oscillazioni repentine dell’umore e di un’ansia flagellante a folate. Su questo i margini di errore egli esaminatori dovrebbero essere prossimi allo zero.
Un capitolo a parte meritano le forze dell’ordine ed i suicidi / omicidi con l’arma di ordinanza. Qui i controlli non sempre evidentemente sono accurati, perché il ritiro dell’arma per sospetti squilibri è un onere non indifferente per la carriera dell’agente o del militare. D’altra parte barattare il mantenimento in servizio senza limitazioni con l’incolumità soggettiva e sociale è una scelta discutibile. Eppure non sempre vengono avviati accertamenti cautelativi nei confronti del personale che ha mostrato segnali di sofferenza psicologica, ovvero che ha semplicemente manifestato propositi non auto conservativi. Non va sottovalutato nessun dettaglio e tra il dubbio di eccedere in precauzioni e quello di vagliare i rischi come irrilevanti c’è la grande responsabilità di chi ha il compito di applicare la legge ed i regolamenti. Non si può, in altre parole, accettare statisticamente come inevitabile il gesto inconsulto di un rappresentante delle forze dell’ordine solo per potersene lavare le mani. Ciò che consideriamo inevitabile è spesso il frutto di irresponsabilità diffuse.