Psiche e psicofarmaci infanzia
PSICHE & SOCIETA’ di Roberto Cafiso DA LA SICILIA DELL’8 AGOSTO 2016-08-08
TROPPI PSICOFARMACI AI BAMBINI : MA NON E’ L’ITALIA IL PAESE PEGGIORE….
Il Sole 24 Sanità riferisce di una ricerca multi – regionale, condotta dall’Istituto di Ricerca Farmacologica Mario Negri, dove non ha preso parte la Sicilia, che ha interessato più di 5 milioni di adolescenti under 18 sull’utilizzo di psicofarmaci nell’infanzia ed adolescenza. Dalla ricerca salta fuori un’ampia forbice prescrittiva tra regioni, con differenze notevoli ( ad esempio tra Abruzzo ed Emilia Romagna ) per appropriatezza e dosaggi di farmaci per il sistema nervoso.
La Farmacopea internazionale al riguardo non ha molti prodotti adeguati per l’età cosiddetta pediatrica. Eppure 2 bambini su 1000 ricevono la prescrizione di uno psicofarmaco. Se rapportiamo comunque questo dato con la media Europea ( con i Paesi scandinavi a far impennare le statistiche ) , nel resto del continente il ricorso a psicofarmaci per i bambini è 10 volte maggiore. Non parliamo poi degli Usa ove al 7,8 per cento dei miniori viene prescritto ad ogni piè sospinto un ansiolitico o un antidepressivo.
Proprio questi ultimi presidi sono i più somministrati. A seguire gli antipsicotici ed i farmaci per l’ADHD ( disturbo di deficit di attenzione ed iperattività ). Sono i maschi i maggiori destinatari di queste prescrizioni, mentre per le femmine è maggiore l’impiego di antidepressivi. La ricerca mostra che alcune categorie di farmaci sono prescritti in alcune regioni più che in altre, con fidelizzazioni di tipo commerciale, e come si prescrivano con disinvoltura prodotti non indicati in età pediatrica ( i cosiddetti off – label ) , senza che gli effetti terapeutici di questi principi attivi siano mai stati documentata dalla ricerca. E’ il caso , ad esempio, di farmaci che hanno evidenziato un rischio suicidario proprio nell’infanzia. Tutto ciò il più delle volte all’interno di un rapporto diadico tra familiari e pediatri, senza il supporto degli specialisti di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza.
Le considerazioni al riguardo sono molteplici. Innanzitutto il trend di utilizzo di “rimedi” da ingurgitare per problemi psicologici complessi, anche di tipo relazionale. Trend propedeutico all’uso di stupefacenti, secondo lo schema di apprendimento : difficoltà > ricerca di soluzioni immediate > assunzione. A seguire l’abbandono culturale della ricerca di soluzioni diverse dalla “pillola magica” e dall’auto medicamento in certe età compulsivo . Scoraggiamento dei processi all’interno del nucleo familiare ove insistono spesso le cause della difficoltà del bambino. Approcci secondo schemi semplicistici, farmaco centrici, assolutamente inadeguati, che metteranno in moto complicanze cliniche ed esistenziali che necessiteranno prima o poi di “prese in carico” onerose per l’intera collettività. Infine la difformità di opportunità di interventi terapeutici nella geografia nazionale. Un bambino con delle difficoltà comportamentali in una regione sarà preso in carico in maniera multi professionale, attivando ogni risorsa dei servizi socio -sanitari , mentre in un’altra sarà semplicemente oggetto delle prescrizione inappropriata di uno psicofarmaco che non gli risolverà il problema, ma che gli complicherà il futuro.
Proprio per evitare queste enormi differenze occorrerebbe che il servizio sanitario nazionale emanasse linee guida diagnostico – terapeutiche più circostanziate per l’infanzia e l’adolescenza, la fasce di età in cui ogni società che si rispetti deve investire per darsi un futuro. E qui davvero non dobbiamo prendere lezioni dai Paesi cosiddetti evoluti, che trattano i bambini come contenitori di farmaci dalle troppe controindicazioni.