Psiche e ragazzi intolleranti
Roberto Cafiso da LA SICILIA DEL 10.7.15
GIOVANI INTOLLERANTI AI NO E ADULTI ANGOSCIATI
Vorremmo che i nostri figli già a tredici o quattordici anni avessero la testa sulle spalle. Avessero cioè un po’ di equilibrio. Ma ciò appare sempre meno frequente, tant’è che ci sembra di interagire con un mondo giovanile intraducibile. Gli adolescenti oggi vivono di frequente a due velocità cerebrali : “on / off” . Tutto o niente. L’assenza di mezze misure è proprio il presupposto dell’equilibrio che zoppica. I motivi sono tanti, già ampiamente analizzati. Su tutti due : la soglia di emotività troppo bassa per via di fattori educativi labili, incerti e discontinui dalla famiglia alla Scuola ; e lo stile di vita che ha caratterizzato negli ultimi quarant’anni la nostra società. La spinta ai consumi a ritmi sempre crescenti, coinvolgendo economia ed autoregolazione individuale . La spinta a soddisfare bisogni di ogni tipo, molti dei quali superflui, ha indotto oltre al default finanziario, diffuse disregolazioni psichiche , con bassi livelli di tolleranza alle frustrazioni e una spinta alla gratificazione immediata irrinunciabile. Risultato: frequenti reazioni paradossali a stimoli relativamente sopportabili ed imprevedibili passaggi all’atto specie nei giovanissimi.
Il “tutto e subito” e soprattutto la non previsione del “no” ad una richiesta fatta ai genitori sono fattori in grado di scatenare risposte abnormi , tali da integrare forme di squilibrio mentale transitorio. Non si tratta di psicopatologie in senso stretto, ma di forme immature del sistema di controllo pulsionale e dunque di gestione di un rifiuto o di una rinuncia. Reazioni che presuppongono l’interfaccia “ razionalità / impulsività” in forte pendenza verso la seconda modalità . Cosicché un bisogno negato diventa l’ intera esistenza negata, un dolore che può risultare intollerabile. Da qui le risposte più imprevedibili, spesso aggressive ( perché la frustrazione genera aggressività ), etero o auto dirette. E lo sconforto in famiglia e lo sbigottimento per queste reazioni.
Nella vita ci si abitua e ci si addestra a tutto. E nella mentalità più diffusa con la quale abbiamo allevato i ragazzi l’unico riscontro plausibile ad ogni loro istanza è il si, perché il no è stato per l’appunto abrogato. E come diceva S. Agostino le abitudini non contrastate nel tempo diventano delle necessità, presupposto - fateci caso – dei modelli educativi lassisti. Scuola e Famiglia continuano a non cooperare molto verso l’unico fine utile : fornire regole e comprendere il funzionamento dell’alunno – figlio. Ciascuna delle due opportunità pedagogiche va spesso per proprio conto, l’una in contrasto con l’altra, ognuna persuasa di essere nel giusto e di fatto creando al ragazzo l’alibi per il disimpegno causato dalla contradditorietà dei messaggi.
Insegnare ai ragazzi che un bisogno personale ancorché pressante non è, solo per questo, plausibile. E quanto meno nei tempi desiderati. Che a volte un bisogno anche intenso può essere rimandato e discusso con gli adulti di riferimento . E che un diniego non è una tragedia, se motivato e considerate anche le paure degli adulti . Perché i genitori, oltre ad essere dei bancomat, hanno spesso paura e di ciò va tenuto in conto già da ragazzini . E’ un criterio di realtà. Occorre capire che non si muore dopo un no, ma si può morire dopo un gesto fuori misura a seguito del no. Nessuna punizione da una parte o dall’altra rende giustizia al valore dell’ esistenza. E ciò va mostrato perché chi educa non può esimersi da essere modello , pena non essere granché di incisivo. Per questo nessuno può incaponirsi, dai 10 ai 90 anni, pensando di avere l’esigenza giusta e per lo più dogmatica da realizzare. Piccole rinunce preparano alla vita, temprano e la rendono un percorso fatto di salite e discese. Le seconde senza le prime la connotano come un’esperienza noiosa e a tratti non degna di essere vissuta. Chi, dai 10 ai 90 anni, cerca una vita comoda e senza rinunce è già fuori strada, ovvero ha sprecato la propria esistenza. O da pessimo allievo o nel ruolo di stolto maestro.