Psiche e rinuncia giovanile
PSICHE & SOCIETA’ ROBERTO CAFISO
Agli antipodi degli sfacciati che insistono per ottenere un risultato, sino in molti casi ad ottenerlo a motivo della loro costanza, c’è il popolo dei rinunciatari, preoccupati di poter essere indiscreti , pronti a fare dietro front rispetto ad una necessità, pur legittima. E per non disturbare il loro prossimo, terrorizzati dal poter essere considerati spudorati, si ammutoliscono e si ripiegano su se stessi.
Gli arrendevoli rappresentano una fetta molto estesa della popolazione giovanile. Al di là dei luoghi comuni che descrivono la maggior parte dei ragazzi sfrontati e senza limiti, molti di loro sono viceversa pervasi da un’insicurezza strutturale che li fa sentire inadeguati, senza il diritto di avere il meglio per sé, con lo scopo più o meno recondito di cercare di essere quanto meno visibili possibile.
L’esacerbazione di ciò porta taluni a sviluppare disagi anche sintomatologici a sfondo depressivo , con compromissione dell’immagine del proprio corpo e problematiche dell’alimentazione, nonché stati di estrema instabilità emotiva, automedicamentati attraverso l’utilizzo di rimedi peggiori del male ( vedi alcol, droghe, doping, … ). Un tentativo disperato di dotarsi di un assetto immaginifico che gli consenta di poter stare nel mondo in qualche modo.
Senza arrivare alle patologie tuttavia molti giovani camminano sempre sulle uova, pronti ad evitare di farsi avanti, conquistarsi spazi, tutelare i propri diritti. Si auto emarginano confermando a se stessi la difficoltà ad occupare un proprio spazio tra gli altri. Un circolo vizioso perverso che più meno recita così: non oso perché non ce la farò ; resto ai margini ; ho fatto bene a non osare perché non ce l’avrei mai fatta ; il mio posto è nelle ultime fila. Come volevasi dimostrare.
Le ripercussioni tangibili nello studio, nelle relazioni coi coetanei, per lo più selezionati all’inverosimile, negli affetti. In quest’ultimo ambito un ulteriore paradosso che peggiora l’autostima. Siccome non posso meritarmi un partner come vorrei ( che non mi sceglierà mai ), mi accontento della paccottiglia che mi userà per poi abbandonarmi, mortificando ulteriormente il mio amor proprio e dimostrandomi quanto valgo davvero.
Talvolta un vero e proprio oltraggio che questi ragazzi e ragazze fanno alle proprie doti intellettive, alla profondità ed alla sensibilità possedute e quindi alle potenzialità che potrebbero esprimere compiutamente se non fossero zavorrate da un limite perentorio auto attribuitosi e rinforzato costantemente da evitamenti e sconfitte ricercate con ogni mezzo. Una trappola esistenziale in grado di compromettere l’intero futuro, specie se lo sprone di genitori ed amici incitano maldestramente ad essere, come per incanto, quello che questi giovani non riescono neppure ad immaginare di poter essere.
All’opposto di questo incitamento selvaggio l’iperprotezionismo , che da un lato avvalora l’idea dell’incapacità a raggiungere dei traguardi e dall’altro asseconda la rinuncia , con un atteggiamento di delega rispetto ad importanti appuntamenti con la vita. E’ evidente e scontato che evitando ogni difficoltà si resti al palo. E’ da questi tentativi di superamento che si apprende la capacità di riconoscere, affrontare e risolvere i problemi che sostanziano la portanza psicologica di ognuno. E da questo allenamento che si incrementa la resilienza e si amplia la percezione di avere i mezzi per farcela. Sono proprio questi i presupposti fondanti di un equilibrio psicologico che ci fa vivere certi di poter portare pesi che le nostre spalle sono in grado di sopportare. Senza tracotanza o supponenza, ma con una sperimentata fiducia sé stessi, tipica di chi ci prova ogni volta.