Psiche e sogni ad occhi aperti
PSICHE & SOCIETA’
ROBERTO CAFISO
Tutti abbiamo bisogno di sognare e lo facciamo a vari livelli. Naturalmente durante il sonno in una fase ben nota alla neurofisiologia. Artificialmente drogandoci e alterando la conoscenza lucida. Ogni giorno la maggior parte di noi ad occhi aperti, immaginandoci scenari auspicabili. Le fantasie positive aprono le porte della speranza, che è una dimensione salutare ed irrinunciabile dell’esistenza.
Vaneggiare è un eccesso di sogno che stravolge il decorso plausibile delle congetture, lo rende talvolta delirante e quando questo succede l’individuo, che ha perso aderenza con la realtà, si ammala ed entra in una bolla immaginifica che disordina l’equilibrio personale e relazionale. La malattia psichica grave è uno stato alterato della qualità del pensiero e talvolta può avere persino un mandato protettivo per l’individuo.
I miti sono modelli fantastici di come poter vivere e di come poter essere. Essi brillano di una luce magica ed acritica, che irradia attese e desideri. Sovente si incarna in un personaggio di successo, che rappresenta un modello col quale ci si identifica. L’esistenza di queste persone viene immaginata sempre come non è. E anche questa parzialità ha un suo perché.
Nelle favole gli eroi sono felici, non conoscono dolore e malattie, vivono dentro giornate soleggiate, ove tutto va per il meglio, inclusa la fortuna che è una stella che li segue e li protegge dal cielo. I miti sono da emulare e talvolta da invidiare ed alla gente pare giusto farlo perché essi non rappresentano soltanto l’incarnazione di privilegi ma anche una probabilità domani di poter essere al loro posto e perciò vivere meglio che in sintesi significa avere gioia permanente.
Le società tecnocratiche e fondate sull’economia spietata o sui regimi sopravvivono perché le persone sognano ad occhi aperti, sperano e si identificano in modelli offerti anche a buon prezzo dai mass media e che hanno il compito di decomprimere tensioni, frustrazioni e ingiustizie sociali. Quando difatti si perde la speranza e ci si sveglia da ogni illusione gli assetti sociali vacillano, perché la concretezza si spoglia da ogni componente fantastica e diventa una perimetro esistenziale all’interno di quotidiano che è invivibile. Da qui le sommosse, le rivoluzioni, le trasformazioni traumatiche degli assetti collettivi. La parola d’ordine è cambiare il domani, ovvero non rinunciare a sognare. Domani è un altro giorno è l’espressione comune di quest’aspettativa fondamentale ove tutto cambierà per il meglio. Le illusioni nutrono il futuro quando il presente è insoddisfacente.
Si vive paradossalmente meglio di promesse che di conquiste, di sabati che di domeniche, di aspirazioni che di realizzazioni. L’immaginazione ha un versante salvifico che fa da antidepressivo agli esseri umani di fronte allo scontato susseguirsi di giorni senza la possibilità di auspicate sorprese.
Quando si afferma che la politica ha deluso o che la fede latita si affermano due concetti di una gravità incalcolabile . Il disinganno e la perdita di ideali sono fattori demoralizzanti nocivi non soltanto per gli assetti economico – politici, ma soprattutto per l’umore della gente. La destabilizzazione dei mercati è prima di tutto diffidenza dei singoli nei confronti dello Stato o della religione. Fenomeni gravi tanto quanto la disoccupazione perché demotivano ad impegnarsi per un futuro diventato minaccioso, incapace di promettere qualcosa di migliore. Così l’anomia descritta da Durkheim infetta la società ove l’affermazione ingenua “ chi di speranza campa disperato muore” è stata falsificata ampiamente da quelli stili di vita definiti “concreti” ed “attuali” , dove la speranza è un ridicolo orpello. Proprio quegli stili hanno condotto alla disperazione centinaia di milioni di persone incapaci di quell’utopia da sempre molla per l’evoluzione del mondo.