Psiche e speranza
PSICHE & SOCIETA’ di ROBERTO CAFISO
LA SPERANZA
Si dice che chi di speranza campa disperato muore. Ma è vero anche il contrario : che chi vive senza alcuna speranza, persino utopica, rischia una vita arida, scandita da uno stanco metronomo di eventi prevedibili. Se è vero che in medio stat virtus, non trovando una posizione certa, è meglio avere dei sogni davanti agli occhi che esclusivamente la cruda realtà.
Già, la realtà : per quanto onesta e leale spesso è indigesta. Non solo perché non fa sconti, ma anche perché ci obbliga ad aderire a dei paletti di consuetudine e di concretezza che non sono in linea con la natura umana. Questa presenta infatti tendenze fantastiche , esigenze immaginifiche, proiezioni oniriche nel futuro. Tutte dimensioni tipiche di una grossa fetta di irrazionalità , componente inalienabile del nostro cervello .
La speranza può avere le sembianze di una pura illusione. A volte i contenuti di un io ipertrofico che non vuole limiti per sé. Altre volte può essere un investimento oppure un’impresa. Un sogno può dare ossigeno alla vita ed il perseguirlo, pur nella consapevolezza della difficoltà, fornire carburante per il buonumore. E’ il cosiddetto “ gettare il cuore oltre l’ostacolo” che ha realizzato molte utopie nella storia dell’umanità , dimostrando che le astrazioni di alcuni possono diventare conquiste tangibili per tutti.
In fondo gli scopi più esaltanti coi quali condiamo la nostra vita sono quelli che ci lanciano in un mondo che non c’è, ma che si potrebbe realizzare. Una sfida a cui dovremmo rinunciare in partenza se applicassimo criteri aritmetici e statistici o quelli della logica più esasperata. E’ vero tuttavia che alcuni esseri umani si gettano in “imprese impossibili” , che si realizzano proprio perché forzano questi criteri di logica ortodossa e li superano.
Vi sono periodi della nostra vita in cui i sogni reclamano più spazio. L’inizio di un nuovo anno, ad esempio, coincide spesso con un riordino di molti assetti esistenziali. Si fanno bilanci e progetti, consuntivi e promesse a se stessi ed agli altri. C’è chi non è persuaso intimamente di queste operazioni mentali condotte per trascinamento o pressione sociale. Ed in questo caso ne avrà un malessere interiore, un esordio dimesso, presagio di come andrà il nuovo anno. E c’è invece chi sa sperare e credere nelle proprie potenzialità e, perché no, nelle sorprese che la vita può riservargli. Questo è un buon inizio e può dare smalto e motivazione.
Avvantaggiati in questo esercizio di trasposizione oltre il “qui ed ora” vi sono coloro che credono in qualcosa. E che perciò hanno un fine, una mission da realizzare, un ordinamento sovra determinato da portare avanti e che li spinge ad affrontare le intemperie rispondendo a quei quesiti che fanno viceversa disperare i disillusi e gli eretici di tutto . Credere in qualcosa aiuta sia nella fisiologia che nella patologia dell’esistenza, perché spinge a guardare oltre e ad illudersi persino che vi potrà essere un domani migliore. Perché le illusioni, quando non marciscono in autoinganni, possono tramutarsi in cambiamenti insperati. Non è magia, ma determinazione e costanza a cambiare l’ immutabile che immutabile non è.
I cosiddetti “buoni propositi” vedranno molti cullare una speranza per un futuro più roseo. Magari in una notte stellata fissare un asterisco luminoso e crederci intensamente. Ci sono stelle per tutti nel cielo e margini di miglioramento che vanno declinati in convinzione ed impegno. Se la speranza è l’ultima a morire, occorre sempre dare un senso alle proprie battaglie. Ma il presupposto è decidere di combattere , senza risparmiarsi o defilarsi.
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