Psiche e YES MAN

PSICHE & SOCIETA’   / Roberto Cafiso da LA SICILIA DEL 4.10.16

I “SI”  VENEFICI ED I  “NO” SALVIFICI DEI PROCESSI EDUCATIVI

Una straordinaria commedia di Edoardo De Filippo , “ Ditegli sempre si”, racconta di un dimesso dal manicomio che tornato in famiglia non si adatta alla vita ed alla comunicazione di tutti  i giorni  e recidiva. I folli, si diceva un tempo, vanno assecondati, ovvero non contraddetti per evitare il peggio. E’ anche vero che in tal modo un delirio resta intatto ed il malato non lo cureremo mai.

Uno dei problemi educativi oggi è il dire no  ai figli. E’ diventata una vera e propria emergenza. I genitori e talvolta i docenti a scuola  hanno difficoltà a negare ai ragazzi qualcosa, persino di fronte  a richieste spropositate. Dire no è la seconda opzione ad una istanza  ed a volte è opportuno  o necessario esercitare il diritto di negazione.

Pur controvoglia l’adulto finisce invece spesso col cedere. Ciò succede perché non si regge il dissenso, e di una persona cara in particolare. Oppure perché la disapprovazione contiene elementi talmente sconfermanti da volerla evitare concedendo ciò che si ritiene sbagliato. L’educazione del bambino divenuto poi genitore e centrata sui sensi di colpa può essere decisiva per gli “yes parents” incapaci di sopportare l’idea di non essere amati.

La leva su cui certi  figli agiscono e proprio questa : mostrarsi infelici ( elicitando  i sensi di colpa ) e negando l’amore a papà e mamma. Per ogni essere umano  sentirsi amato è importante. Ciò stabilizza l’autostima, l’umore ed è  un  rinforzo importante nella vita di relazione. Solo che certuni vogliono essere amati “momento per momento”  ed hanno perciò  bisogno di conferme continue, sennò vacillano.

Non reggere il malumore dei figli diventa per costoro intollerabile e mette a nudo insicurezze ed aspettative. Qualsiasi segnale di ribellione diventa perciò un momento di crisi, che può risultare intollerabile. Da qui l’assenso alla richiesta. La dinamica non passa inosservata ai figli pretenziosi,  che avendo scoperto il tallone di Achille dei genitori non esitano a pressare certe  corde  emotive dove sanno che potranno far breccia.

L’educazione invece è un processo longitudinale, che raccoglie i suoi frutti a medio e lungo termine. E non è utile basarsi  sull’approvazione qui ed ora del ragazzo , perché l’architettura di certe regole, finalizzate a chiari obiettivi  , non sono per lo più colti dai figli che sovente sono guidati dal principio della soddisfazione immediata. Quanto più ci si abitua ad ottenere tutto, tanto più difficile diventa  insopportabile  rinunciare a qualcosa. Da qui molti  conflitti tra  genitori  e  figli. Ma l’errore non dovrebbe essere  reiterato solo perché la tolleranza al diniego è scadente da parte dell’interlocutore. Un buon training educativo deve  prevede anche il pianto, la rabbia, lo sconforto, tutti stati d’animo da imparare a   gestire da parte di un ragazzo.   Un vecchio adagio siciliano recita : “ cu ti voli beni ti fa chianciri e cu ti voli mali ti fa arridiri” ( chi ti vuol bene ti fa piangere, chi ti vuol male ti fa ridere ). Solo crescendo i figli capiranno gli insegnamenti degli adulti, le rinunce vissute e i divieti loro imposti. Niente applausi, in altre parole, per i genitori più responsabili. Magari silenzi o addirittura fischi. Poco male, chi vivrà vedrà. La formazione di una coscienza ha tempi lunghi e non è tutta rose e fiori per nessuno delle due parti.

Il gesto d’amore è sempre lungimirante. La Coerenza affettuosa, l’onestà intellettuale e il rispetto delle regole pagano nel tempo. Non si spiegherebbe le feste di riconoscenza  che si fanno ad  insegnanti  in pensione da parte di molti loro ex alunni oggi grati dei loro modelli,  ma all’epoca percepiti come prof. insopportabili.

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