Psiche ed Etica dimenticata

PSICHE & SOCIETA’ Roberto Cafiso da LA SICILIA del 6.2.17

MORALE E PRINCIPIO DEL PIACERE : UN RAPPORTO SQUILIBRATO ANCORA OGGI

La morale e l’etica sono in  questi tempi due termini un po’ desueti.   Retorici ed enfatici.  Termini usati con parsimonia per non essere scherniti.  Dall’altra parte della barricata gli  istinti e le passioni, invece alla ribalta. La ricerca del piacere e l’idea di libertà diventata un fanatico “credo religioso”  su cui la morale e l’etica hanno nei secoli esercitato un potere coercitivo e a tratti asfissiante. Dall’austerità medievale ove per dettame monastico era bandita la risata, sino ai falò dei libri nei regimi totalitari, preoccupati che il pensare  sollecitasse le coscienze ed attraverso la psicanalisi che ha posto in rilievo i rischi per la salute di un “super io”  aguzzino sulle pulsioni  dell’ individuo. I freni inibitori considerati vessatori sono stati via via smantellati e ricondotti al minimo … sindacale. Il tutto a vantaggio di un edonismo al servizio dell’economia e dei consumi, ove le rinunce rappresentano perdite e gli eccessi incrementi di capitale.

La rivoluzione sessuale della seconda metà del secolo scorso ha dato il colpo di grazia alle sentinelle di alcuni  capisaldi sociali storici, il matrimonio e l’aborto in primo luogo. Amore libero  era lo slogan di quell’epoca. Conquiste senza dubbio, perché nessuno si sognerebbe di dire che il tasso di eticità in passato era superiore rispetto a quello odierno. E ciò se consideriamo gli enormi passi avanti fatti in tema di diritti civili. Forse il problema più che la quantità di etica sociale odierna è quello dei suoi effetti sulla gente : la discriminazione tra il bene ed il male e il superamento della spinta egoistica a vivere al meglio a prescindere dal prezzo procurato al proprio prossimo . Qui sta forse  il vulnus dell’iconoclastia di alcuni  fondamenti  morali : comprenderne la ratio, capire cioè il loro valore omeostatico per la salvaguardia della collettività, attraverso l’autoregolazione del singolo. Noberto Bobbio scriveva al riguardo : “  Sembra che ogni tentativo di dare un fondamento razionale ai principi morali sia destinato al fallimento”.

I gruppi sociali a prevalenza “sottocorticale”, eccitati anche da alcol e droghe, poco capaci di pianificare e prevedere i propri comportamenti, hanno  trascurato la   struttura cognitiva, quella pensante. Da qui il declino dell’arbitrio e l’apoteosi della dipendenza, fenomeno in primo luogo del cervello.  La bramosia sull’auto limite e di conseguenza il vantaggio personale sul benessere della collettività.  La prevalenza diffusa del  “principio del piacere”  su quello della realtà, quest’ultimo basato su raziocinio  e ad impronta anche  morale, ha di fatto sdoganato  comportamenti, specie tra i giovani, fondati  sull’innesto perpetuo del circuito della gratificazione immediata. Un interruttore accesso full time  che nel tempo rende incapaci di vivere limitazioni, frustrazioni , accettando le norme.  Norme di cui l’etica è parte integrante e che  viene percepita come  repressiva  e dunque rifiutata.

L’etica e la morale in verità hanno anche la funzione di calmierare le istanze individuali più scomposte e, come un betabloccante psichico, autoregolamentare l’equilibrio  individuale e perciò sociale. Ma ciò pare sfuggire ai più. Il tema nodale  è che fine debbano fare le passioni, dalla più edificante a quella più perversa. Dal positivismo, al relativismo, sino al “pensiero debole” le passioni sono state perseguitate prima, esaltate oggi. E con esse gli individui che nelle varie epoche, dalla notte dei tempi ai nostri giorni, ne  sono stati portatori e testimoni. Ancora una volta si tratta di stabilire un confine  oltre il quale una passione sana  può  diventare compulsione  ed  invece di benessere produrre sofferenza. Etica e morale hanno un ruolo in tutto ciò e vanno rimodulate di continuo dalle aule di scuola a quelle parlamentari,  seppur con la raccomandazione  “maneggiare con cura”.

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